L’analisi del microbioma per la diagnosi di cancro al pancreas?

microbioma
(Foto: geralt via Pixabay)

Un team internazionale ha scoperto una firma genetica nel microbioma intestinale di pazienti con adenocarcinoma duttale pancreatico (il tumore al pancreas più comune), che potrebbe aiutare a diagnosticare la malattia precocemente e in modo non invasivo. La ricerca, pubblicata sulla rivista Gut, porrebbe infatti le basi per lo sviluppo di un kit diagnostico basato su campioni di feci. 

Tumore del pancreas

Purtroppo, statisticamente, i tumori del pancreas lasciano poche speranze: solo un paziente su venti è ancora vivo a cinque anni dalla diagnosi. I motivi sono diversi: queste malattie in genere danno sintomi non specifici che si manifestano quando c’è poco che la clinica possa fare perché ormai il tumore si è molto diffuso a livello locale e/o in altre parti dell’organismo. I tumori del pancreas, in particolare l’adenocarcinoma duttale pancreatico, progrediscono velocemente e le possibilità terapeutiche sono limitate. Chi riceve una diagnosi in stadio precoce, di solito, è perché scopre il tumore mentre sta effettuando altri controlli. La conferma della diagnosi, poi, richiede indagini lunghe, costose e spesso invasive (biopsia).

Perciò, gli scienziati stanno cercando dei biomarcatori specifici che possano essere individuati attraverso dei test più semplici, meno costosi e soprattutto meno invasivi.

Alla ricerca di biomarcatori

Una delle strade è quella di indagare il microbioma, cioè l’insieme di geni che appartengono a tutti i microrganismi che convivono con le cellule del corpo umano. Studi precedenti, infatti, suggeriscono che proprio i microbi possono essere coinvolti anche nello sviluppo e nella progressione di alcune malattie, compresi i tumori: a specifiche variazioni nella composizione del microbiota, dunque, potrebbe corrispondere una certa condizione.

Da questa ipotesi sono partiti i ricercatori del Centro nazionale spagnolo di ricerca sul cancro (Cnio) e del Laboratorio europeo di biologia molecolare (Embl) di Heidelberg che hanno analizzato il microbioma di campioni di feci di 136 spagnoli (57 pazienti con adenocarcinoma duttale, 50 controlli sani e 27 pazienti con pancreatite cronica) e – sostengono – hanno trovato una firma genetica del tumore al pancreas. In altre parole, nei pazienti con il cancro (indipendentemente dallo stato della malattia) la presenza di 27 specie microbiche sarebbe diversa da quella dei controlli sani e delle persone con un’altra patologia del pancreas. La precisione del test, secondo gli autori della ricerca, è buona ma viene migliorata combinandolo con l’analisi dei livelli ematici di antigene carboidrato 19-9 che viene impiegata per monitorare la progressione del cancro del pancreas dopo la diagnosi.

La convalida del sistema, che si basa su algoritmi di apprendimento automatico, è avvenuta su un ulteriore gruppo di casi e di controlli in Germania (44 pazienti con cancro del pancreas e 32 controlli) e poi sui dati di 5.792 campioni pubblicati in 25 diversi studi, consentendo anche di valutare la specificità rispetto a altre condizioni di salute come il diabete di tipo 2.

Diagnosticare, monitorare, trattare il tumore al pancreas

Il lavoro metterebbe dunque le basi per lo sviluppo di un kit diagnostico non invasivo (basterebbe la raccolta di un campione di feci) dell’adenocarcinoma duttale pancreatico sia da impiegare su popolazioni a rischio per la presenza di fattori predisponenti sia per un un uso più ampio. Secondo gli autori, poi, ci sarebbero le premesse per future applicazioni in ambito preventivo e terapeutico.

L’articolo scientifico che descrive la ricerca, però, è accompagnato dal commento di due esperti, Rachel Newsome e Christian Jobin dell’Università della Florida, i quali, pur riconoscendo il valore della scoperta che dà un importante contributo all’individuazione dei marcatori predittivi e evidenzia il ruolo chiave nel microbiota anche nei tumori, sottolineano: “questi risultati hanno un valore clinico limitato a causa della natura trasversale dello studio, e quindi i marcatori predittivi dovranno essere testati utilizzando una coorte prospettica prima di giungere a una conclusione sul loro impatto clinico”.

Riferimenti: Gut

Credits immagine: geralt via Pixabay