L’esca amorosa

Paolo Crocchiolo
L’esca amorosa
Prefazioni di Alberto Oliverio e di Giancarlo Majorino
Fiabesca editore, 2004
pag.128, euro 9,00

Leggendo l’originale libro di Paolo Crocchiolo “L’esca amorosa”, che coniuga spregiudicatamente filosofia e biologia evolutiva, sono stata accompagnata dalla scomoda idea di essere un residuo casuale (un ‘effetto collaterale’ direbbe forse l’autore) dell’evoluzione naturale, poco adatta – e pochissimo adattabile – all’ambiente naturale e sociale odierno. La sua tesi infatti è che la nostra pretenziosa civiltà non sia che il prodotto – appunto – di una selezione naturale, che promuove le variazioni biologiche e anche mentali più adeguate all’ambiente. “Siamo il risultato di un effetto collaterale – la nascita -” scrive “in un lunghissimo processo di selezione naturale, piace ciò che esiste …(compresi noi stessi); d’altra parte esiste ciò che è sopravvissuto (compresi noi stessi)…”Proprio come le celebri tignole bianche di Nottingham dell’epoca pre-industriale, che ebbero la meglio sulle loro sorelle brune fino a che si mimetizzarono con i chiari tronchi delle betulle, il concetto di lealtà sarebbe così radicato nella mente umana (ma ne siamo proprio sicuri?) perché gli uomini infedeli, autoescludendosi dal gruppo, avrebbero minori possibilità di sopravvivere e riprodursi. Per altro, a lungo andare, ammette che viene premiata la ‘morale intermedia’, “la più efficace a proteggere gli interessi individuali senza trascurare quelli della specie”.Ecco ancora, secondo le ardite speculazioni di Crocchiolo, che l’omosessualità degli eroi tebani “pronti a morire l’uno per l’altro …e in definitiva per la comunità” proverebbe – in un paradosso solo apparente – l’utilità biologica di un tale orientamento amoroso. In un vertiginoso salto concettuale, anche l’alta astrazione della matematica viene letta in chiave evoluzionistica, in quanto non sarebbe che “un riferimento biologico …autoreferenziale della nostra stessa mente”.Per la verità, molte di queste argomentazioni in chiave evoluzionistica per tentare di dare risposte a tutti i grandi quesiti della storia sembrano delle “teorie ad hoc”, più curiose e divertenti che convincenti. Ma farei torto a Paolo Crocchiolo con una polemica puntigliosa; poiché lui stesso ha scelto il tono lieve, semiserio, dosando garbatamente la sua vasta e variegata cultura (da Spinoza a Pirandello, da Chomsky a Woody Allen, da Cartesio a Dennett) cercando di offrire più suggestioni che affermazioni apodittiche. Molto efficace, per esempio, il capitolo sulle emozioni, narrato in chiave di neuroscienze, ma con metafore teatrali (gli attori sono le diverse aree cerebrali, le luci della ribalta sono i diversi neurotrasmettitori, mentre le musiche di scena sono modulate dagli ormoni).A prova del voluto clima di leggerezza del volumetto, che deriva il suo titolo da un verso del Petrarca, notiamo che la bibliografia, potenzialmente poderosa, è invece molto sintetica e che in copertina si può godere di un particolare delle tornite membra de “La grande odalisca” di Ingres. Mi concedo infine una piccola osservazione maliziosa a proposito delle parole conclusive dell’opera: “…quello che chiamiamo mondo non è che un prodotto della mente umana, o meglio la lettura della realtà che si è selezionata tra tutte le letture possibili in quanto percepita come la più piacevole perché più vantaggiosa per la nostra specie”. Ma come la mettiamo con il rischio – più che tangibile – che questi umani compiaciuti di sé, sopravvissuti e selezionati, si avviino sempre più verso una possibile distruzione del pianeta e della sopravvivenza della loro stessa specie?

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