Il Nobel Giorgio Parisi: le mie regole semplici per un mondo disordinato

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(Foto: James Wainscoat on Unsplash)

Il mondo reale è disordinato e molte situazioni del mondo reale possono essere descritte da molti agenti elementari che interagiscono tra loro. E’ un po’ questo il leit-motiv del recente libro scritto da Giorgio Parisi, fisico teorico appena insignito del premio Nobel per la Fisica “per la scoperta dell’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici da scala atomica a scala planetaria”. 

Nel volume, Parisi delinea le più interessanti ricerche che lo hanno portato a postulare una teoria degli equilibri multipli, mettendo in evidenza anche le modalità di pensiero, il susseguirsi dei suoi ragionamenti che gli hanno permesso di schematizzare con regole semplici i comportamenti disordinati della materia, e di descrivere matematicamente le interazioni tra le varie componenti.

Giorgio Parisi
In un volo di stormi. Le meraviglie dei sistemi complessi /con Anna Parisi
Rizzoli 2021
Pp 128, €13.30

Nella mente di uno scienziato

Senza addentrarsi nello specifico dei risultati, che l’autore descrive in modo comprensibile anche per i non esperti, sono molto interessanti alcune considerazioni di carattere generale sui processi che portano uno scienziato a comprendere e spiegare aspetti di realtà ancora sconosciuti. Per esempio, Parisi cerca di mettere in luce il lavorio mentale che porta da un problema alla sua soluzione, ben sapendo che tutto il complesso susseguirsi di ipotesi non comparirà mai nelle pubblicazioni scientifiche e nei testi specialistici. Infatti tra colleghi si usa documentare i risultati, senza lasciare traccia delle fatiche, dei dubbi e dei tentativi abbandonati che hanno portato alle conclusioni definitive. Del resto, il metodo di lavoro che ha consentito a Parisi di ottenere il Nobel risulta ben lontano dalla schematizzazione del “metodo scientifico” a cui si cerca di addestrare i bambini nel loro percorso scolastico. Ci si accorge di un problema e si prova a formalizzarlo in parole: la stessa descrizione guida verso altre astrazioni, deduzioni, ragionamenti che seguono la logica formale. Ma l’espressione verbale non esaurisce i modi in cui si pensa perché, spiega Parisi, questa è preceduta da un pensiero non verbale, usato dalla umanità prima delle varie formalizzazioni linguistiche. E continua: quando un aspetto problematico viene colto quasi per intuizione, è importante dedicarsi allo studio di tutto quello che gli altri sanno su quell’argomento e poi… provare a dimenticarsene. Mentre il pensiero conscio si dedica ad altro, spesso il pensiero inconscio guidato da una sua logica interna, continua ad elaborare possibilità di soluzione, vede la conclusione di un ragionamento anche se non vede la sequenza dei passi necessari a raggiungerla.

Parisi descrive, a volte anche con ironia, questo lavorio sotterraneo da cui emerge, in situazioni impreviste o in circostanze inaspettate, la soluzione complessiva del problema, ben sapendo che questa intuizione dovrà essere successivamente strutturata, organizzata, controllata con tutti gli strumenti consci a disposizione.

Dalla fisica alla matematica e ritorno

Semplificazioni e generalizzazioni sono essenziali per capire e interpretare aspetti di una realtà sempre complessa, difficile da osservare e descrivere direttamente. Analogie, metafore, rappresentazioni verbali diventano strumenti di comunicazione ma sui dati di esperienza bisogna elaborare gradualmente modelli logicamente coerenti e sempre più astratti che corrispondono alla dinamica di un fenomeno. Se non è facile costruire subito i modelli giusti, è sempre possibile modificarli e aggiustarli via via che si raggiungono nuovi dati e nuove interpretazioni. I modelli sono schemi che rappresentano una realtà, non possono tenere conto di tutte le variabili da cui il fenomeno è condizionato ma rappresentano un potente strumento di lavoro e comunicazione che può cominciare a svilupparsi anche in bambini molto piccoli, a partire dai giochi simbolici o dai giochi del far finta.

E’ spesso sulla modellizzazione che si sviluppa la dialettica tra pensiero fisico e pensiero matematico nell’affrontare un problema reale: le semplificazioni sono necessarie, ma tenere sotto controllo le moltissime variabili che interagiscono in una situazione fisica è molto diverso dal ragionamento a tavolino che le elabora matematicamente. La fisica deve tradurre i fenomeni concreti in linguaggio matematico, e in questa operazione si perdono alcune caratteristiche, mentre rimangono quelle essenziali per studiare il fenomeno. Su questi simboli depurati da ogni significato concreto opera la matematica che, a partire dai modelli sintetici, può strutturare i dati iniziali in ardite simulazioni; ma poi serve un ritorno ai casi reali. Infatti, accennando alla sua vita professionale e alla sua carriera scientifica, Parisi racconta come lo strumento matematico si sia dimostrato concettualmente indispensabile per descrivere e interpretare i casi “disordinati” delle sue ricerche, e per trovare le regole che, a livello microscopico, dessero ragione del comportamento macroscopico dei sistemi in esame. Ma lui stesso ammette, da fisico, di avere impiegato più di tre anni per cogliere il senso fisico della soluzione matematica da lui stesso trovata, e racconta anche la sorpresa di avere scoperto come concetti che rispondono alle stesse strutture matematiche possono essere trasportati da una disciplina con modalità di cross-fertilization.

Quando i saperi si incrociano

La necessaria semplificazione dei fenomeni, la loro descrizione in linguaggio “naturale” porta necessariamente all’uso di metafore o di immagini analogiche, preliminari alla elaborazione di più specifici modelli. Attraverso le parole, prima ancora che attraverso modelli strutturati, si avviano processi di contaminazione tra discipline che spesso, secondo Parisi, affondano le radici nel contesto culturale di una stessa epoca e hanno un ruolo decisivo nel trasferimento di immagini e di idee tra campi diversi. Per esempio, Parisi nota una contaminazione tra fisica e biologia con forti assonanze reciproche tra l’interpretazione in meccanica quantistica della scuola di Copenaghen e l’interpretazione darwiniana delle mutazioni casuali su cui l’evoluzione agisce operando una selezione tra possibilità diverse. In meccanica quantistica, lo stato si evolve in maniera deterministica e la misura sceglie casualmente tra varie possibilità di esito dell’esperimento, mentre nella teoria darwiniana le varie possibilità (stati) emergono in maniera casuale mentre la selezione opera in maniera deterministica.

Pur riconoscendone l’utilità, ragionare per metafore è spesso pericoloso, avverte Parisi portando alcuni esempi dall’abitualmente sciatto sistema di comunicazione dei media, perché quando le parole di un linguaggio vengono trasformate in un altro con significato diverso si può arrivare a conclusioni arbitrarie.

Perché fare scienza

Il libro si conclude con un sottile rimpianto per aver perso un Nobel nel 1973 e con alcune considerazioni generali sia sul senso del fare scienza sia sulla necessità di trasmettere cultura alle nuove generazioni. È vero che in ogni campo gli scienziati aggiungono tessere ai risultati noti, ma la distribuzione dei finanziamenti privilegia le applicazioni pratiche rispetto alle esigenze della ricerca pura e della scoperta non finalizzata. La cultura scientifica ha un ruolo sociale, ma il disinteresse della politica e dell’industria per i nuovi campi di indagine e per la formazione scientifica dei giovani la svilisce agli occhi dei cittadini. La decadenza della scuola pubblica, il disinvestimento nei beni culturali, conclude Parisi, sostengono le tendenze antiscientifiche di quelli che si sentono imbrogliati e messi in pericolo persino dai vaccini in tempo di pandemia Covid-19.

Credits immagine: James Wainscoat on Unsplash