Categorie: Ambiente

L’inquinamento che scioglie le conchiglie

Purtroppo non si tratta di una simulazione al computer. Di solito, le previsioni su cosa succederà agli oceani a causa dell’inquinamento umano sono quasi sempre state formulate con l’aiuto di modelli teorici, ma questa volta gli effetti negativi sono osservabili in natura. Lo sostiene uno studio pubblicato su Nature Geoscience che ha analizzato gli effetti nocivi dell’acidificazione delle acque su alcune lumache di mare dell’Oceano antartico.

Il team guidato da Geraint Tarling, ecologo del British Antarctic Survey di Cambridge ha analizzato il disfacimento dei gusci di alcune lumache di mare che vivono nelle acque superficiali della Georgia del Sud, al confine con l’Oceano antartico. Questi animali (Limacina helicina antarctica) possiedono un guscio a base di carbonato di calcio, costituito da un materiale chiamato aragonite, che però, in ambienti troppo acidi, tende ad erodersi. Di solito gli oceani sono leggermente basici (intorno a pH 8), ma l’aumento di CO2 nell’atmosfera dovuto in parte all’uomo può variare sensibilmente l’equilibrio all’interno delle acque e compromettere l’accumulo di aragonite nei gusci. 

“Sappiamo che le acque marine diventano più corrosive per i gusci di aragonite a una certa profondità”, ha spiegato Nina Bednaršek, coautrice dello studio e ricercatrice presso il National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa): “Questa viene definita orizzonte di saturazione, che è fissato intorno ai 1000 metri. Tuttavia, in uno dei nostri campionamenti abbiamo scoperto che questa soglia veniva raggiunta a 200 metri”.

Gli scienziati guidati da Tarling hanno calcolato che il potere corrosivo delle acque antartiche non era dovuto solo alle correnti naturali che portano verso l’alto le acque più fredde e acide ma, soprattutto, alla grande quantità di CO2 prodotta dall’inquinamento umano e disciolta negli strati più superficiali dell’Oceano. Come dimostrato in un video diffuso dai ricercatori, i risultati dell’acidificazione hanno fortemente intaccato i gusci di Limacina causandone il disfacimento.

I danni causati alle lumache di mare non sono letali, ricordano gli autori, ma l’indebolimento del loro guscio potrebbe renderle più suscettibili all’attacco di predatori e malattie. Dato che le specie di Limacina rappresentano una ricca componente dello zooplancton, la loro scomparsa spezzerebbe un anello fondamentale della catena alimentare negli oceani. In futuro sembra che, più dei grandi disastri (vedi Galileo: Fukushima, il pesce è ancora radioattivo) saranno proprio le acque sempre più acide a sconvolgere l’ecosistema marino.

Riferimenti: Nature Geoscience Doi: 10.1038/ngeo1635

Credits immagine: Nina Bednarsek/British Antarctic Survey

Lorenzo Mannella

Si occupa di scienza, internet e innovazione. Laureato in Biotecnologie presso l'Università di Pisa, ha frequentato il master SGP in comunicazione scientifica presso Sapienza Università di Roma. Collabora con Galileo dal 2011. Scrive per Wired, Sapere e L'Espresso.

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