L’Italia delle discariche

Un quadro sconfortante emerge dal rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti in Italia presentato martedì scorso a Roma dall’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti (Onr) e dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (Apat). Di fronte all’amara constatazione che lo smaltimento in discarica è ancora la forma di gestione prevalente dei rifiuti, l’unico aspetto positivo è la riduzione del tasso di crescita della loro produzione, sceso al 2,1 per cento tra il 1999 e il 2000 contro il 5,5 per cento registrato tra il 1998 e il 1999. Del totale dei rifiuti prodotti poi, solo il 14 per cento è stato raccolto in maniera differenziata: un dato ben lontano da quell’obiettivo minimale del 35 per cento che, secondo il Decreto legislativo 22/97, dovremmo raggiungere nel 2003. Si riconferma infine il divario tra Nord e Sud riscontrato nel rapporto precedente: se per il Nord la percentuale sfiora il 25 per cento, al Sud i valori di raccolta differenziata non raggiungono risultati apprezzabili, rimanendo per Campania, Calabria e Sicilia al di sotto del 2 per cento. “Se domani tutta l’Italia raggiungesse l’obiettivo prefissato del 35 per cento di raccolta differenziata”, ha dichiarato il Presidente dell’Onr Massimo Ferlini, “avremmo comunque il 60 per cento dei rifiuti presente in discarica perché il sistema industriale di riciclo-recupero non è cresciuto come sarebbe stato necessario”. La mancata realizzazione di impianti di trattamento finalizzati a trasformare i rifiuti in materiale utilizzabile anche dal punto di vista energetico, fa sì che in molte zone del Paese ci si affidi ancora allo smaltimento in discarica. Quelle abusive poi non fanno altro che aggravare una situazione che in alcune regioni costituisce una vera e propria emergenza. Non va certo meglio per quel che riguarda l’incenerimento: sebbene si registri un aumento sia del numero di impianti sia della quota di rifiuti inceneriti, la percentuale smaltita in questo modo rimane tra le più basse riscontrabili a livello europeo. Una spinta positiva ha avuto invece il settore del compostaggio, cioè il trattamento dei rifiuti organici che permette di ottenere fertilizzanti, con un aumento del 47 per cento della quantità di rifiuti urbani così trattati. Ma la nota più dolente è la gestione dei cosiddetti rifiuti speciali, come quelli che contengono sostanze pericolose, quelli sanitari, i macchinari deteriorati e i veicoli a motore fuori uso, di cui non si riesce nemmeno a comprendere l’entità: le imprese con meno di tre dipendenti non sono obbligate a dichiarare l’effettiva produzione di questi rifiuti con il risultato che il dato relativo agli speciali è notevolmente sottostimato. Mancano poi nel nostro Paese impianti a tecnologia complessa per il trattamento di questi rifiuti, che vengono quindi inviati all’estero per lo smaltimento. Complessivamente emerge un quadro della situazione italiana molto lontano da altre realtà europee. Il rapporto stesso può allora rivelarsi un utile strumento per la correzione alla vigente normativa per questo settore. “Bisogna avviare un sistema per la gestione dei rifiuti”, ha dichiarato il Ministro dell’Ambiente Altero Matteoli nel suo intervento alla conferenza, “in cui la discarica diventi marginale e prendano piede raccolta differenziata, recupero e riciclaggio”. Per far questo Onr e Apat propongono strategie d’intervento su più fronti: sono già state avviate indagini per valutare la quantità di rifiuti che deriva dai diversi settori produttivi in modo da confrontarla con quella che dovrebbe risultare dall’analisi del ciclo produttivo. Fondamentale è poi trovare uno sbocco industriale ai materiali che provengono dalle raccolte differenziate e non da ultimo intraprendere una efficace campagna d’informazione che contribuisca a cambiare il comportamento dei consumatori.

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