Non sai ballare? Può essere colpa della biologia

Battere le mani a tempo, ballare, tamburellare a ritmo di musica. Gesti naturali per la maggior parte di noi, ma non per tutti. Certe brutte figure sulla pista da ballo hanno infatti un’origine biologica: si tratta della sordità al ritmo, cioè l’incapacità cronica di tenere il tempo. Una patologia rarissima, di cui un nuovo studio della McGill University e dell’Università di Montreal, aiuta oggi a capire un po’ meglio le cause. La ricerca, pubblicata sulle pagine della rivista Philosophical Transactions: Biological Sciences, ha scoperto infatti che la sordità al ritmo non è un deficit di tipo motorio, ma dipenderebbe invece dal modo in cui le persone riescono a sincronizzarsi con i suoni che ascoltano.

La sordità al ritmo è una particolare forma di amusia, l’incapacità di riconoscere la musica in assenza di deficit fisici. Una condizione così rara che i ricercatori sono riusciti a reclutare solo due partecipanti per il loro studio. “Abbiamo esaminato il monitoraggio del ritmo, l’abilità di individuare un battito regolare e muoversi di conseguenza, in individui che lamentavano difficoltà nelle attività di tutti i giorni, come ascoltare musica e ballare”, spiega Caroline Palmer della McGill University.

Nello studio è stato chiesto ai partecipanti di tamburellare con le dita sia in assenza di suoni che seguendo un metronomo. Le loro performance sono state quindi confrontate con quelle di altri 32 individui. “Abbiamo scoperto che chi soffre di sordità al ritmo è in grado di percepire differenti ritmi e battere regolarmente in assenza di suono, allo stesso modo degli appartenenti al gruppo di controllo”, continua Palmer. “Solo quando hanno dovuto muoversi a tempo abbiamo notato difficoltà”. Non si tratterebbe quindi di un deficit di tipo motorio.

Secondo i ricercatori, il problema consisterebbe nell’incapacità di sincronizzare il proprio ritmo biologico con i segnali che vengono dall’esterno, come la musica o i movimenti delle altre persone. È stato ipotizzato infatti che ognuno di noi possegga un oscillatore interno che reagisce e si adatta agli intervalli intercorsi tra ogni stimolo. “Il test più difficile è stato tamburellare seguendo un metronomo che improvvisamente diventa più veloce o lento. Gli individui che non soffrono di sordità al ritmo sono stati in grado di adattarsi in pochi battiti, mentre gli altri non ci sono riusciti”, dice Palmer. “Le nostre scoperte supportano l’idea che la sordità al ritmo sia un problema che riguarda quanto i nostri ritmi biologici si adattano o si combinano ai suoni che cambiano nell’ambiente e che, nella maggior parte degli individui, rendono possibile ballare, pattinare sul ghiaccio con un partner o dondolare la testa al ritmo della propria canzone preferita”.

Studi del genere permetteranno di capire meglio come il sistema uditivo e motorio siano collegati in reti neurali e di costruire migliori modelli scientifici per comprendere come riusciamo a sincronizzare i nostri comportamenti con quelli degli altri.

Riferimenti: Philosophical Transactions: Biological Sciences doi:10.1098/rstb.2013.0405

Credits immagine: via Pixabay

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