L’origine della vita raccontata da un cantastorie

Vita
Sangharsh Lohakare on Unsplash

Pier Paolo Di Fiore, ordinario di Patologia generale all’Università di Milano, comincia il suo racconto sulla storia della vita guidato da un immaginario cantastorie, forse già presente sulla Terra appena formata: un Replicante che nel corso del tempo ha preso una straordinaria varietà di forme uniche, quelle di tutte le specie che hanno popolato la Terra. Il libro di Di Fiore si articola in quattro parti, e in ciascuna il Replicante descrive un periodo caratteristico della evoluzione, a partire da quello che forse è successo quattro miliardi di anni fa, proseguendo con la storia del primo vivum, affrontando il dilemma della priorità del metabolismo (proteine) o della trasmissione genetica (gli acidi nucleici), descrivendo la storia dell’origine delle protocellulle e concludendo con interessanti considerazioni sulla inevitabilità della vita.

Il linguaggio del Replicante è affettuosamente confidenziale nei confronti dei “figlietti suoi cari”, che saremmo noi e tutti gli altri viventi. Ma soprattutto negli ultimi capitoli, che presentano le idee più avanzate della biologia contemporanea sulla origine e sulla evoluzione della vita, non mancano importanti riferimenti a ricerche recenti e a intuizioni che mettono in crisi idee tradizionalmente accettate. L’autore sa bene che, per cercare di rendersi comprensibile, deve ricorrere a metafore spesso zoppicanti, ad allegorie, a semplificazioni e a “dolorose omissioni”, ma il pubblico a cui si rivolge non è formato da accademici o specialisti e può quindi apprezzare lo sforzo di rendere comprensibile un argomento difficile, su cui la ricerca propone continuamente nuove ipotesi e nuovi risultati.

L’albero della vita, racconta il Replicante, assomiglia sempre più a un grosso cespuglio in continua evoluzione, che cambia a mano a mano che la ricerca trova nuovi dati e nuove possibili genealogie tra gruppi di viventi. Alla base è collocato LUCA (Last Universal Common Ancestor), e nel suo sviluppo temporale ha sviluppato una moltitudine di ramificazioni, formate dai vari miliardi di specie multicellulari più varie, e da centinaia di miliardi di specie microbiche. Il Replicante racconta come la ricerca indaghi su tutto quello che doveva essere presente prima di LUCA, nel periodo chiamato abiogenesi, prima della manifestazione della vita. I modelli possibili sono diversi, e le interpretazioni anche. Certo non sappiamo come era fatto il nostro primo antenato ma, per capire come avrebbe potuto essere vivo un gruppo di scienziati americani ha creato in laboratorio una “cellula primordiale” che non corrisponde a niente presente in natura, ma che possiede il minimo numero di geni necessari al suo funzionamento.

E prima? Come si sono formate e poi evolute le prime strutture? Inizialmente doveva essere solo materia inorganica, necessaria alla vita che da questa si è sviluppata. Fin da tempi antichissimi, le risorse presenti nell’ambiente hanno fornito materia ed energia disponibile per le strutture primordiali, le protocellule, che hanno potuto così auto-organizzarsi e auto-replicarsi in un processo simile a quello che avviene anche oggi a livello cellulare e che può andare avanti all’infinito. Replicazione e metabolismo sono entrambi essenziali alla vita come la conosciamo, e per lungo tempo si è cercato di capire quale delle due funzioni si sia sviluppata per prima. Oggi, invece, alcuni modelli prevedono la associazione di entrambe le funzioni e spiegano come sistemi di metalli pesanti (con funzione di catalizzatori) abbiano permesso una sorta di circolarità che ha portato all’emergenza di nuove proprietà nel sistema.

Pier Paolo Di Fiore
La vita inevitabile. Diario di viaggio di un Replicante alla ricerca della Vita
Codice Edizioni, 2022
pp. 171, €29,00

Secondo l’ipotesi delle proprietà emergenti di Stuart Kauffmann, infatti, elementi semplici cooperano a formare strutture complesse con nuove proprietà che dipendono proprio dalla integrazione funzionale delle parti. La vita è certamente un fenomeno complesso, che si mantiene col metabolismo ed evolve per replicazione genetica. Acidi nucleici ed enzimi proteici da sempre cooperano insieme organizzandosi in un circuito in cui nessuno è prioritario, in un processo di co-evoluzione. Modelli matematici e teorie della complessità sostengono queste nuove ipotesi.

Anche il passaggio da una vita basata su un materiale genetico a RNA ad una caratterizzata da un materiale genetico a DNA è diventato comprensibile grazie allo studio di un gruppo di retrovirus che, mediante un enzima chiamato trascrittasi inversa, possono trascrivere un acido nucleico nell’altro facilitando la dominanza del DNA. La primitiva evoluzione molecolare è diventata evoluzione biologica. Per spiegare come, nel tempo, si siano originate tante specie diverse, oltre agli studi sulle mutazioni del DNA, sono stati analizzati casi di trasferimento orizzontale di geni, cioè non da genitori a figli ma tra organismi di specie diverse. I trasposoni con antichissima origine virale, infatti, hanno catturato frammenti di genoma dai loro primi ospiti e li hanno trasferiti in altri organismi infettandoli. Questi hanno così acquisito così nuovi caratteri e li hanno integrati nel proprio patrimonio genetico.

Via via che si affrontano i risultati della ricerca in biologia contemporanea, il racconto del Replicante diventa sempre più complesso, e di non facile comprensione. Le invenzioni della vita sono tuttora oggetto di speculazioni che richiedono ricerche sperimentali ed elaborazioni teoriche. Ancora un modello di Kauffmnann chiamato della chiusura dei limiti permette al Replicante di procedere nel suo racconto.

La teoria sostiene che ogni volta che un circuito si chiude su se stesso, si determina in qualche modo il futuro del sistema, che diventa inevitabile. Si sviluppa così un processo che permette un livello successivo condizionato da quello precedente. Nel tempo della Vita, una volta avviate le modalità di metabolismo materiale ed energetico correlate ad una replicazione evolutiva, non poteva succedere altro se non quello che è successo, come conseguenza inevitabile di quanto via via era avvenuto. Questa è la conclusione, ancora problematica, di Di Fiore e del suo fantasioso e colto Replicante. Lo sguardo sul passato e quello sul futuro si accordano nei modelli scientifici attuali, ma, come ipotesi alternativa, vale la pena di riportare una frase di Stephen J. Gould: “Se riavvolgessimo il filo della vita e lo facessimo ripartire, con tutta probabilità vedremmo un film diverso ogni volta”.

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