Tre ore: è questo il tempo dedicato dal Parlamento al dibattito sull’eutanasia legale dopo il sollecito ricevuto lo scorso ottobre dalla Corte Costituzionale, che lo ha invitato a colmare, entro un anno, un vuoto normativo. Una lacuna che, ha sottolineato la Corte, impedisce, di fatto, l’esercizio della libertà individuale: la possibilità per chi è in grado di compiere scelte consapevoli di decidere, in determinate circostanze di salute, di smettere di soffrire e concludere dignitosamente la propria esistenza.
Contro questa inerzia, l’Associazione Luca Coscioni, con il supporto di Radicali Italiani, Uaar e Chiesa pastafariana italiana ha organizzato per 3 giorni, dal 22 al 24 marzo prossimi, una mobilitazione nazionale, con oltre 100 tavoli in tutta Italia, per sensibilizzare i cittadini e raccogliere firme per la rapida discussione di una legge sull’eutanasia richiesta dalla Consulta ma anche da migliaia di italiani che hanno sottoscritto una proposta di legge popolare depositata in Parlamento nel settembre 2013.
La sua discussione è iniziata solo lo scorso gennaio nelle Commissioni Giustizia e Affari Sociali della Camera e, denuncia l’Associazione Coscioni, procede a rilento: circa tre ore in 48 giorni. Considerato che la proposta di iniziativa popolare è solo la prima di quelle (almeno altre 2) che saranno esaminate, il Parlamento dovrebbe accelerare il passo per svolgere il suo compito in tempo per la fatidica scadenza del 24 settembre 2019 stabilita dalla Consulta. Se mancasse l’appuntamento, allora la parola tornerà ai giudici costituzionali: una penosa sconfitta della politica.
Perché la Corte Costituzionale chiede una legge sull’eutanasia
Lo scorso ottobre la Consulta avrebbe dovuto esprimere il suo parere in merito alla legittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale che punisce l’istigazione al suicidio, rispondendo così a un dubbio sollevato dalla Corte d’assise di Milano nell’ambito del processo a Marco Cappato per il supporto al suicidio assistito di Dj Fabo. I magistrati milanesi avevano rilevato una contraddizione tra quanto previsto dal codice penale e i principi sanciti dagli articoli 2 e 13 della Costituzione, relativi alla libertà della persona, anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Nella sua risposta dello lo scorso ottobre, la Corte Costituzionale ha spiegato che l’articolo 580 del codice penale (datato 1930) ha una sua «ragion d’essere» anche nell’odierno assetto costituzionale in quanto tutela le persone vulnerabili, “che potrebbero essere facilmente indotte a concludere prematuramente la loro vita”. Tuttavia, si legge nell’ordinanza, il caso Cappato-DjFabo testimonia che oggi si verificano situazioni nuove, inimmaginabili all’epoca in cui la norma fu introdotta. Situazioni, scrivono i giudici, determinate dagli enormi progressi della medicina che non possono essere ignorate ma devono essere regolamentate, anche in coerenza con quanto affermato dalla legge sul fine vita approvata di recente (n. 219 del 2017), il cosiddetto testamento biologico, che riconosce ad ogni persona «capace di agire» il diritto di rifiutare o interrompere qualsiasi trattamento sanitario.
Per la Consulta, in certe situazioni il divieto di aiuto al suicidio contemplato dalll’articolo 580 limita “la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze, scaturente dagli articoli 2, 13 e 32, secondo comma, della Costituzione”. In conclusione, hanno detto i giudici costituzionali, l’articolo 580 non si può cassare perché tutela chi è vulnerabile, ma non può essere l’unica voce in materia: servono regole nuove per affrontare situazioni nuove. Da qui la decisione di rinviare il giudizio di un anno, per dare al Parlamento la possibilità di fare il suo lavoro: approvare una legge che garantisca a ciascuno di poter scegliere come concludere la propria vita.
Per saperne di più
Per maggiori informazioni e per partecipare all’iniziativa si può visitare il sito dell’Associazione Luca Coscioni o consultare la mappa sottostante che riporta tutte le località italiane dove è possibile firmare la petizione al Parlamento in favore della legalizzazione dell’eutanasia.
Non si può dedicare all’eutanasia solo tre ore. Ce ne vorrebbero ben di più! Sessanta! E non è uno scherzo visto che “… la sofferenza in Italia come nel mondo è vista male; figuriamoci per chi arriva alla fine! Con un’aula vuota sia in Camera sia in Senato. Personalmente penso che essa sia legittima e legale solo se il malato lo scrive espressamente quando ha capacità d’intendere e volere che vale anche come testamento biologico al momento in cui esso od essa non potranno più comprendere nulla dell’ambiente circostante. Resta comunque reato punibile a 12 anni di prigione se si aiuta un malato a morire o gravissimo se una commissione di medici lo istiga al suicidio” (Discorso sull’Eutanasia di Emma Bonino di Dicembre- Gennaio).