Perché l’autismo è più comune nei maschi?

Che ci sia una sproporzione nella prevalenza di malattie neurologiche come l’autismo e le disabilità cognitive nei maschi rispetto alle femmine è un dato indiscusso. Nel caso dei disturbi dello spettro autistico, per esempio, la frequenza è ben quattro volte maggiore negli uomini rispetto alle donne. Finora le cause di questa differenza erano poco chiare. In uno studio effettuato presso l’University Hospital of Lausanne e l’University of Washington School of Medicine e pubblicato sull’American Journal of Human Genetics, i ricercatori suggeriscono che il cervello femminile sia più tollerante alle alterazioni genetiche di quello maschile, per cui deve accumulare un numero maggiore di mutazioni dannose per sviluppare questi disturbi, dando supporto al cosiddetto “modello protettivo femminile”.

Molti studi precedenti avevano cercato di spiegare le cause della differenza di genere nella frequenza di disordini dello sviluppo neurologico (NDs) come l’autismo, la sindrome di deficit di attenzione e iperattività (Adhd), l’epilessia, le disabilità cognitive e il ritardo mentale. Nessuna di queste ipotesi, tuttavia, era riuscita a spiegare questo fenomeno in maniera convincente.

Nei loro esperimenti, i ricercatori svizzeri e americani si sono serviti delle sequenze del Dna, disponibili in letteratura, di pazienti affetti da vari tipi di NDs. Usando 1,560 geni specificamente associati con questi disturbi, hanno stimato quante mutazioni deleterie erano presenti nei due sessi sotto forma di varianti CNVs (copy number variants), ossia le variazioni del numero di copie dei geni selezionati, e di SNVs (single nucleotide variants), ossia i cambiamenti di singoli nucleotidi del Dna.

I pazienti studiati appartenevano a due gruppi. Il primo consisteva di circa 15,700 individui (9,200 maschi e 6,300 femmine), i cui campioni di Dna erano stati analizzati a scopo diagnostico presso i laboratori del Signature Genomics di Washington. Nel secondo gruppo, fornito dalla SSC (Simons Simplex Collection), erano incluse le famiglie di circa 800 persone (650 maschi e 109 femmine) diagnosticate con una forma di autismo da moderata a grave. Come controllo, sono stati usati i dati di individui sani di origine europea (1,200 femmine e 1,300 maschi), ottenuti dal Wellcome Trust Case Control Consortium National Blood Services.

I risultati hanno dimostrato che il cervello delle donne contiene un numero più elevato di mutazioni dannose. Infatti, sia le varianti CNVs lunghe (> 400 kb) che le SNPs erano significativamente più frequenti nelle femmine rispetto ai maschi. In particolare, nel secondo gruppo di pazienti con autismo moderato-grave, le CNVs lunghe erano tre volte più abbondanti nelle donne che negli uomini, mentre quelle corte (< 400 kb) erano distribuite in modo simile nei due sessi.

L’eccesso di mutazioni era associato a una riduzione delle capacità cognitive nelle donne, le quali avevano riportato punteggi più bassi nei test usati per determinare il livello di disabilità intellettiva, rispettivamente otto punti in meno nel QI di performance che misura la memoria e il ragionamento, e cinque in meno nel QI verbale, che misura le capacità spazio-temporali. Inoltre, le CNVs e le SNPs deleterie presenti preferenzialmente nelle donne erano ereditate più frequentemente dalla madre rispetto a quelle distribuite equamente nei due sessi.

“Questo è il primo studio che dimostra in maniera chiara che esiste una differenza a livello genomico tra maschi e femmine”, spiega Sébastien Jacquemont, autore dello studio, “In pratica, il cervello delle donne è funzionalmente più robusto di quello degli uomini e sopporta meglio le mutazioni deleterie, il che spiegherebbe almeno in parte perché gli uomini sono maggiormente affetti da disturbi neurologici”.

La differenza del carico mutazionale tra uomini e donne non spiega completamente lo sproporzionato numero di uomini affetti da NDs. Altri fattori sia ambientali che genetici sono importanti nel determinare lo sviluppo di queste malattie. Ciononostante, secondo Jacquemont, i risultati ottenuti supportano in maniera convincente il “modello protettivo femminile”, che propone che le donne sono avvantaggiate per quanto riguarda i disturbi neurologici e il loro cervello richiede alterazioni genetiche più estreme.

“Le implicazioni a livello diagnostico sono importanti”, conclude l’autore, “infatti, se questi risultati fossero confermati potrebbero favorire lo sviluppo di approcci di screening e di diagnosi più sensibili e specificamente disegnati a seconda del sesso del paziente”.

Riferimenti: The American Journal of Human Genetics doi:10.1016/j.ajhg.2014.02.001

Credits immagine: Mikey G Ottawa/Flickr

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