Ambiente, quelle piramidi nello smog

Meta tra le più ambite per gli amanti delle piramidi e i patiti del fish-watching, l’Egitto ha però anche un triste primato. È uno dei paesi con la più forte emergenza ambientale del continente africano. Il Cairo, megalopoli in perenne espansione dove si concentra il 60 per cento delle industrie egiziane, è tra i luoghi più inquinati della Terra. E nelle campagne la situazione è altrettanto preoccupante: ogni anno l’Egitto importa dai paesi ricchi circa 7000 tonnellate di pesticidi, che sparge a piene mani e senza troppo criterio sulle coltivazioni. In altre parole, in questa regione il concetto di sviluppo sostenibile non ha ancora trovato asilo.

Sustainable Environmental Development, A Curriculum Development Project

È questa situazione preoccupante ad aver spinto Mohamed Tawfic, ordinario di Chimica dell’Università del Canale di Suez, a chiedere aiuto all’Europa, per poter sviluppare il potenziale economico-industriale riducendo gli effetti dell’impatto ambientale. E il Vecchio Continente ha risposto: all’interno di Tempus, uno dei numerosi programmi dell’Unione europea destinato ad agevolare il processo di riforma sociale ed economica e/o lo sviluppo nei paesi partner, ha finanziato il progetto “Sustainable Environmental Development, A Curriculum Development Project”. Approvato nel giugno 2003 dalla Commissione, che ha stanziato circa 360.000 euro, il progetto triennale vede coinvolte, oltre all’Università del Canale di Suez, anche l’Università di Leiden (Olanda), l’istituto di Scienza e Tecnologia di Barcellona (Spagna), l’Università di Bodekultur di Vienna, e gli italiani del Consorzio interuniversitario nazionale chimica per l’ambiente (Inca), fondato nel 1994, che raggruppa i maggiori esperti di Green Chemistry e di sviluppo sostenibile.

Investire sull’ambiente per guadagnare in salute

L’obiettivo del progetto è quello di preparare le nuove classi dirigenti ad affrontare la problematica ambientale, inserendo nel programma di studi materie come chimica ambientale e sviluppo sostenibile. Sperando che sia sufficiente a contrastare l’avanzata di un problema che si fa sempre più pressante. Secondo una stima fatta nel 1996 dall’Egyptian Enviromental Affairs Agency, infatti, l’alta concentrazione di piombo nell’aria, responsabile di problemi alle vie respiratorie, provoca in Egitto circa 15.000 morti l’anno, con ripercussioni anche a livello economico: le recenti analisi fatte dalla World Bank indicano che i danni provocati dal degrado ambientale in Egitto sono valutabili in una cifra pari al 4,8 per cento del prodotto interno lordo.

Dall’aria alla tavola, quante schifezze

Secondo un rapporto dell’Unep (l’Agenzia ambientale delle Nazioni Unite), presentato a novembre nell’ambito della Conferenza internazionale di Catania sullo stato di applicazione della Convenzione di Barcellona, l’inquinamento nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo ha subito un netto aumento. In particolare è aumentata la concentrazione dei Pop (sostanze inquinanti a lunga persistenza). Queste sostanze raggruppano molti composti organici tossici (fosforganici e clororganici) utilizzati in agricoltura come insetticidi, fungicidi e erbicidi, per esempio il chlordane, il dieldrin, l’endrin, le diossine e tanti altri composti organici, tra cui quelli della famiglia dei furani.

I Pop entrano con facilità nella catena alimentare in quanto hanno la prerogativa di poter essere bioaccumulati dagli organismi. Il chlordane è stato bandito già da tempo nei paesi industrializzati ma continua a essere utilizzato in medioriente e in Nord Africa, malgrado siano accertati i suoi effetti sugli animali – compreso l’essere umano – al livello del sistema endocrino e ormonale.

Altrettanto gravi sono i danni provocati dall’uso dei composti come il dieldrin e l’endrin, che inquinano le falde acquifere e creano problemi alla sopravvivenza degli organismi acquatici. I composti contenenti diossine e furani vengono emessi durante i processi produttivi industriali, soprattutto dagli inceneritori. Queste sostanze sono estremamente tossiche e possono creare seri problemi alla salute, perché si depositano a lungo negli organismi e si ritrovano nei cibo di origine animale.

Sapere da condividere

Il progetto creerà un collegamento tra Europa ed Egitto: studenti e professori egiziani parteciperanno ogni anno a vari training e stage nelle università europee, mentre nell’Università del Canale di Suez verranno istituiti nuovi corsi gestiti dai maggiori esperti internazionali di sviluppo sostenibile e chimica. Per garantire un apprendimento più capillare verranno attivate, inoltre, delle sale attrezzate per permettere agli studenti di seguire le lezioni online. “E’ la prima esperienza che facciamo in Egitto”, afferma il professor Pietro Tundo, ordinario di chimica organica all’Università di Venezia e presidente dell’Inca, “quello che speriamo è che gli studenti egiziani si dimostrino ricettivi verso i nuovi insegnamenti. Esportare la conoscenza è un compito molto difficile”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here