Produrre anticorpi senza usare gli animali

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(Credits: Dean Calma / IAEA via Flickr CC)
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(Credits: Dean Calma / IAEA via Flickr CC)

Si torna a parlare di tecnologie alternative all’uso di animali per la ricerca. In un articolo apparso su Trends in Biotechnology di Cell Press, alcuni scienziati europei e canadesi riportano l’uso massiccio di animali per la produzione di anticorpi. Sebbene la sperimentazione animale sia ancora un insostituibile strumento della ricerca biomedica, in questo caso l’alternativa è possibile, sostengono gli scienziati, e consiste in una tecnica in vitro chiamata phage display.

Il punto è che l’uso di anticorpi è molto diffuso: la loro capacità di legarsi in modo selettivo a una molecola li rende utilissimi per rilevare la presenza di contaminanti, allergeni, tossine e ormoni e ne determina l’impiego in molti test diagnostici utilizzati per la produzione industriale e in medicina. Oggi gli anticorpi si ottengono prevalentemente in vivo: la molecola da testare è iniettata nell’animale, che genera una risposta immunitaria da cui, dopo qualche mese, sono estratti gli anticorpi, in seguito al sacrificio dell’animale.

Di conseguenza, i prodotti contenenti anticorpi o validati con questi, non sono davvero animal-free, come di solito percepiti. “Così non abbiamo sostituito gli animali, ma abbiamo solo cambiato il metodo” afferma Alison Gray, ricercatrice in visita all’University of Nottingham. E questo pregiudica anche l’idea di consumo consapevole. “La giovane donna che al supermercato acquista uno shampoo delicato, un pacchetto di cereali equo-solidali, o un test di gravidanza non sa che acquista articoli prodotti attraverso animali” afferma Gray.

Ma esiste davvero un metodo alternativo e ugualmente efficace per produrre anticorpi? Già dal 1998, l’European Center for the Validation of Alternative Methods (Ecvam) auspicava l’uso di phage display come alternativa equipollente per la produzione di anticorpi. Si tratta di una tecnologia in vitro che utilizza i fagi, cioè i virus che infettano i batteri. Attraverso tecniche di biologia molecolare, nel loro genoma è inserita la sequenza di un anticorpo fuso al gene che codifica per la proteina di rivestimento del virus. Questi produce quindi una proteina ibrida che sarà indirizzata sulla superficie. Lì sarà esposta alla molecola d’interesse e selezionata per la sua capacità di riconoscerla.

Sebbene questa tecnologia esista da molti anni, non è stata ancora capace di sostituire il metodo tradizionale in vivo. Ci sono circa 123 aziende in Europa che vendono anticorpi ottenuti da animali, per un mercato che vale oggi oltre 70 miliardi di euro. Questo non ottempera alla Direttiva europea 2010/63/Ue sulla protezione degli animali nella ricerca, che recita “l’uso di animali a fini scientifici o educativi dovrebbe essere preso in considerazione solo quando non sia disponibile un’alternativa non animale”. Proprio su questa base, gli scienziati propongono un piano d’azione per l’Europa, volto a sostituire la vecchia tecnologia in vivo con quella in vitro, limitando la prima solo ai casi in cui, effettivamente, l’utilizzo di animali sia strettamente necessario.

Riferimento: Trends in Biotechnology

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