La tanto discussa dieta mima digiuno non smette di far parlare di sé. L’idea alla base, su cui la comunità scientifica discute da tempo, prevede che, riducendo drasticamente l’apporto calorico, si viva più in salute e più a lungo.
Lo scopo del nuovo lavoro di Longo e colleghi è proprio quello di dimostrare come gli effetti della dieta mima digiuno fossero in linea con quelli di altri studi condotti precedentemente su animali, riguardo la riduzione del rischio di patologie legate all’invecchiamento, come le malattie cardiovascolari e il diabete. Per dimostrarlo, i ricercatori hanno coinvolto un centinaio di persone di età compresa tra i 20 e i 70 anni, tra cui alcune in sovrappeso o obese. I partecipanti erano invitati a mangiare gran parte di quello che volevano, tranne che per 5 giorni consecutivi al mese (per tre mesi), in cui hanno seguito una dieta ipocalorica che prevedeva l’assunzione di 1.100 calorie il primo giorno e circa 700 i 4 giorni successivi.
La dieta consisteva fondamentalmente nell’assunzione di alimenti poveri di proteine e zuccheri, ma ad alto contenuto di grassi buoni (ossia quelli insaturi), grazie al consumo di minestre di verdura, barrette energetiche, integratori minerali e vitaminici prodotti da una società che Longo ha contribuito a fondare (ma per la quale non ha ricevuto alcun beneficio finanziario).
“È emerso che seguendo il regime dietetico suddetto si ottiene la riduzione di fattori di rischio per diabete, cancro e malattie cardiovascolari, inclusa la riduzione del grasso totale e addominale, della pressione sanguigna, del colesterolo, del fattore infiammatorio Crp, della molecola Igf-1 (fattore di crescita insulino-simile di tipo 1) associata a cancro e invecchiamento, il tutto senza perdita di massa muscolare”, spiega Longo.
In effetti, la dieta mima digiuno, oltre a portare a una perdita di peso, di grasso corporeo totale e addominale, ha ridotto i fattori di rischio cardiovascolare come la pressione sanguigna, i segni di infiammazione, il livello di glucosio, del colesterolo totale e del fattore di crescita insulino-simile di tipo 1, un regolatore della proliferazione cellulare. L’idea ora è quella di riuscire a dimostrare come questa dieta possa essere utile anche le persone che sono già affette da una malattia legata all’età, come appunto il diabete.
Via: Wired.it