Ambiente

Riscaldamento globale e scarsità di cibo si combatteranno coltivando con il basalto

Catturare anidride carbonica dall’atmosfera, migliorando la fertilità del suolo e proteggendo il raccolto da malattie e parassiti. Il tutto con del semplice pietrisco: polveri di rocce contenenti silicati, come il basalto, frantumate e aggiunte al terreno destinato all’agricoltura. Una soluzione tanto semplice quanto geniale, che permetterebbe di contrastare l’effetto serra e migliorare al contempo la produzione alimentare in molte aree del pianeta, discussa di recente sulle pagine di Nature Plants da un team di ricercatori dell’Università di Sheffield e della University of Illinois Champaign-Urbana.

Una ricerca che parte da un presupposto ineludibile: nei prossimi decenni i due grandi pericoli per la nostra specie sono il riscaldamento globale e la scarsità di cibo legata alla crescita esponenziale della popolazione umana. Trovare una soluzione comune a entrambi i problemi offrirebbe quindi uno strumento formidabile per affrontare le sfide che ci attendono nei prossimi decenni. E la risposta potrebbe essere più semplice del previsto.

“Tutte le società umane sanno da sempre che le pianure vulcaniche sono luoghi estremamente fertili, ideali per la coltivazione di vegetali e prive di effetti dannosi per la salute umana”, racconta David Beerling, esperto di cambiamenti climatici dell’Università di Sheffield che ha coordinato il lavoro. “Fino ad oggi però non si era ancora ragionato a fondo su quanto l’aggiunta di frammenti di roccia nel suolo potrebbe aiutare a catturare ed eliminare dall’atmosfera l’anidride carbonica”.

I silicati, contenuti in abbondanza all’interno di rocce vulcaniche come il basalto, sono infatti uno degli strumenti più efficaci con cui contrastare l’effetto serra: a contatto con l’anidride carbonica subiscono infatti delle reazioni chimiche che consentono di sequestrare la CO2 dall’atmosfera e fissarla in una forma solida, rilasciando al contempo sostanze nutrienti essenziali all’interno del suolo. Per questo motivo i ricercatori hanno analizzato la possibilità di adottare a livello globale una strategia di fertilizzazione dei terreni coltivati basata sull’utilizzo di silicati, sotto forma di polveri e pietrisco derivato da rocce vulcaniche e altre fonti.

E l’opinione degli esperti è che si tratterebbe di una strategia efficace, ed estremamente facile da attuare. Innanzitutto, è una delle poche tecniche di rimozione della CO2 atmosferica che non entra in competizione con l’agricoltura e altre forme di produzione del cibo per l’utilizzo del suolo o delle risorse idriche. E al contempo, potrebbe essere attuata praticamente senza alcuna modifica alle attuali pratiche di coltivazione. In molte aree agricole vengono infatti impiegati sali di calcio o magnesio per contrastare l’acidificazione del terreno, e aumentare la fertilità del suolo. Un procedimento definito “liming”, che con la semplice modifica delle sostanze utilizzate potrebbe rappresentare la strategia perfetta per introdurre i silicati nel suolo, contrastare il riscaldamento globale e garantire raccolti abbondanti.

“La nostra proposta è quella di cambiare il tipo di rocce utilizzate e di aumentare la frequenza delle applicazioni”, spiega il coautore dello studio Stephen Long, della University of Illinois Champaign-Urbana. “Otterremmo gli stessi effetti dell’applicazione di calcare sbriciolato (il limestone, ndr.), riuscendo al contempo a catturare la Co2 atmosferica, per incamerarla nel suolo e poi nelle acque degli oceani”.

Riferimenti: Nature Plants

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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