Riscaldamento globale, il tempo stringe. Bisogna agire subito prima che sia troppo tardi. Di questo passo, infatti, entro il 2040 la temperatura del pianeta aumenterà di oltre un grado e mezzo. A quel punto, lo scioglimento dei poli farebbe saliere il livello del mare di ben 10 centimetri, mettendo a rischio la vita a milioni di persone che vivono lungo le coste. Non solo: un riscaldamento globale superiore alla soglia di un grado e mezzo aumenterebbe la frequenza di eventi climatici estremi, come uragani, tifoni, bombe d’acqua, e renderebbe più difficile coltivare cereali, alimento fondamentale per buona parte del mondo. A certe latitudini, intere regioni sarebbero addirittura inabitabili. E ancora: l’acidificazione dei mari porterebbe alla scomparsa delle barriere coralline e danneggerebbe flora e fauna marina. Insomma, una catastrofe planetaria.
A lanciare l’allarme, quasi un ultimatum, è l’ultimo rapporto diffuso dall’Ipcc (Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico) e illustrato nei giorni scorsi a Venezia alla sesta conferenza annuale della Società Italiana per le Scienze del Clima. Nell’occasione, Galileo ha intervistato Marco Bindi, lead author del terzo capitolo e professore all’Università di Firenze, che ci spiega perché il tempo per agire sta finendo e cosa realisticamente possiamo fare.
Non è cambiato nulla ma, purtroppo, il tempo passa e si è fatto sempre meno in termini di riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Così il riscaldamento aumenta e ci avviciniamo sempre più velocemente ai limiti che ci siamo imposti. Le conseguenze maggiori nel breve periodo le stiamo già vivendo. Ondate di calore e piogge di fortissima intensità sono ormai all’ordine del giorno.
Tutto il Mediterraneo in generale è particolarmente vulnerabile. La riduzione delle disponibilità idriche e l’aumento delle temperature già mette a dura prova quest’area e lo farà ancor di più, accentuando eventualmente i movimenti migratori. Il rapporto evidenzia che lo sforamento della soglia di 1.5 gradi avrebbe più impatto di quello della soglia di 2 gradi. In quest’area più che in altre è importante riuscire a centrare l’obiettivo di contenimento.
Ci sono due elementi su cui possiamo agire: ridurre le emissioni dalle fonti energetiche e dai fabbisogni umani. Per quanto riguarda le prime, con gli accordi di Parigi siamo sulla buona strada, anche se le misure proposte hanno solo base volontaristica e dipendono dalla volontà politica dei Governi. Viceversa, per la riduzione delle emissioni da fabbisogni umani, è importante anche il comportamento individuale. Credo possa essere questa una delle leve su cui agire di più e dalla quale si possano ottenere i maggiori risultati. Penso in particolare all’alimentazione con cibi prodotti in modo sostenibile, consumi e comportamenti responsabili, che riducano il consumo di idrocarburi.
Il ‘sequestro’ dell’anidride carbonica negli ecosistemi terrestri e negli oceani, le cosiddette “emissioni negative” presenta possibilità molto elevate, ma a oggi le conoscenze e le tecniche che potrebbero essere adottare per favorire questa soluzione rimangono ancora tutte da definire e soprattutto da quantificare.292
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