I segni dell’Alzheimer si nascondono anche nell’occhio

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(Foto via Pixabay)

La perdita dei vasi sanguigni della retina potrebbe essere un segno dell’Alzheimer. Piccoli cambiamenti nella struttura venosa dell’occhio potrebbero infatti rispecchiare modifiche nel sistema vascolare del cervello associati alla malattia, forse presenti anche prima che compaia il declino cognitivo. Ad affermarlo, sulle pagine di Ophthalmology Retina è un team di ricercatori che ha analizzato nel dettaglio la struttura degli occhi di alcune persone con malattia di Alzheimer, confrontandole con controlli sani e persone con declino cognitivo lieve. Per farlo gli scienziati hanno utilizzato un esame semplice e non invasivo, che in futuro potrebbe aiutare a identificare i segni dell’Alzheimer in pochi minuti.

Perché cercare nuove strade per la diagnosi di Alzheimer

La malattia di Alzheimer è una patologia neurologica oggi incurabile, in cui la morte delle cellule neuronali e l’atrofia del tessuto nervoso si accompagnano alla presenza di depositi di beta amiloide e grovigli di proteina tau, considerati i marcatori della malattia. Identificarli e così procedere alla diagnosi di malattia non è sempre semplice. Oggi la diagnosi di Alzheimer avviene soprattutto grazie a una combinazione di test di memoria e comportamentali con tecniche di imaging cerebrale (dalla risonanza magnetica alla pet) e punture lombari. Gli esami di imaging e le punture spinali consentono ai ricercatori di osservare la presenza di depositi di beta amiloide, alterazioni cerebrali riconducibili alla malattia e di identificare i marcatori dell’Alzheimer.

Questi esami, specialmente le scansioni cerebrali e l’analisi del liquido cerebrospinale, sono però costosi, non esenti da rischi e realisticamente poco adatti a uno screening su una vasta popolazione, ricordano i ricercatori. Senza considerare che la malattia potrebbe comparire ben prima che i sintomi – clinici, cognitivi e comportamentali – diventino visibili. Scovare segni precoci di Alzheimer e arrivare presto alla diagnosi potrebbe invece aiutare a combattere la malattia prima che il danno diventi irrecuperabile. Ma non solo: ancor prima capire chi svilupperà la patologia servirebbe anche a identificare i pazienti che meglio potrebberero beneficiare di un trattamento sperimentale, sostenendo la ricerca contro l’Alzheimer. E non da ultimo, aiutare pazienti e famigliari a capire come affrontare gli anni a venire, ricordano gli scienziati. Perché una diagnosi di Alzheimer cambia la vita di tutta la famiglia.

Prove di diagnosi precoce

Non che manchino tentativi di mettere a punto test alternativi per l’idenficazione di segni, più o meno precoci, dell’Alzheimer. Alcuni ricercatori stanno cercando i capire se e come è possibile scovare indizi di malattia utilizzando tecniche di analisi linguistica, nell’idea che alterazioni nel modo di parlare nascondano segni precoci di declino cognitivo. Altri sono al lavoro su test del sangue per l’identificazione di marcatori circolanti di malattia, come frammenti del peptide beta-amiloide. Un progetto cui partecipa anche l’Italia, con il Cnr per esempio a capo di un consorzio europeo per lo sviluppo di un super-sensore per la diagnosi precoce di malattia. Altri ancora stanno cercando di capire in che modo la cattiva qualità del sonno di chi soffre di Azheimer potrebbe integrare le diagnosi.

I segni dell’Alzheimer si trovano anche nell’occhio

L’idea dei ricercatori della Duke University per l’identificazione dei segni dell’Alzheimer presentata oggi punta invece all’analisi degli occhi. “Sappiamo che nel cervello delle persone con Alzheimer si osservano dei cambiamenti nei piccoli vasi sanguigni – ha spiegato Dilraj S. Grewal, oftalmologo a capo dello studio – e dal momento che la retina è un’estensione del cervello volevamo capire se potevamo osservare questi cambiamenti grazie a una nuova tecnologia, facile e meno invasiva”. La tecnologia in questione si chiama OCTA (acronimo di optical coherence tomography angiography) e permette, grazie all’utilizzo della luce di osservare il flusso sanguigno in ogni strato della retina. La tecnica consente di vedere vasi dal diametro più piccolo di quello di un capello.

Gli scienziati l’hanno utilizzata per confrontare l’anatomia vascolare degli occhi di 39 persone con Alzheimer, 37 con declino cognitivo lieve (considerato un’anticamera della malattia in circa un terzo dei casi) e 133 controlli sani. I ricercatori hanno così osservato che la rete di vasi sanguigni della retina appariva meno densa nei soggeti con Alzheimer, dove la perdita di vasi si accompagnava anche all’assottigliamento di uno strato della retina. Modifiche queste non ossevate invece nei partecipanti con declino cognitivo lieve o nei soggetti sani.

Confronto tra la retina di un adulto sano e uno con malattia di Alzheimer: nel secondo si osserva perdita di vasi sanguigni. Una modifica che potrebbe rispecchiare cambiamenti a livello cerebrale. (Credit: Duke Eye Center)

“E’ probabile che questi cambiamenti nella densità dei vasi sanguigni nella retina possano rispecchiare quello che accade nei piccoli vasi sanguigni nel cervello – ha commentato Sharon Fekrat, tra gli autori del paper – Il nostro lavoro non è finito. Se possiamo evidenziare questi cambiamenti nei vasi sanguigni della retina prima dei cambiamenti nella sfera cognitivia, sarebbe una svolta”. Ovviamente in chiave di diagnosi precoce. Ma, appunto, sarebbe: al momento le prove esistono e ci sono per diagnosi già avvenuta di malattia, e non sono state osservate differenze nella densità della rete sanguigna tra persone con declino cognitivo e soggetti sani, sebbene ne siano state trovate alcune riguardo lo spessore di uno strato della retina. Come ribadisce Fekrat il lavoro è tutt’altro che finito. Nuovi studi, scrivono in chiusura del paper i ricercatori, serviranno per capire se gli esami oftalmologici possono tracciare la progressione da declino cognitivo lieve ad Alzheimer. E quindi capire quanto nell’occhio possono trovarsi davvero segni precoci della malattia.

Riferimenti: Ophthalmology Retina

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