Sentinelle animali

Le popolazioni animali esposte spontaneamente a contaminanti presenti nell’area dove vivono possono fungere da campanello d’allarme dell’inquinamento ambientale e da sentinelle, dunque, per la salute umana. Un contributo in questo senso potrebbe giungere dalle pecore di Biancavilla, paesino ubicato alle falde dell’Etna, nei cui polmoni, oggetto di uno studio pubblicato sulla rivista “Science of the Total Environment”, è stata riscontrata la presenza delle stesse fibre ritrovate, in indagini passate, negli intonaci delle case di Biancavilla e in un campione di tessuto polmonare di una donna deceduta per mesotelioma pleurico. “Questo studio preliminare” – afferma Paola De Nardo, autrice della ricerca presentata nel corso del workshop “Ricerche di epidemiologia ambientale veterinaria: stato dell’arte e tendenze emergenti”, svoltosi il 3-4 maggio scorso all’Istituto superiore di sanità (Iss) – “suggerisce il possibile ruolo di bio-indicatori delle pecore nella valutazione della diffusione delle fibre, che sarà oggetto di ulteriori indagini a Biancavilla. Se consideriamo sentinella ogni organismo non umano che può reagire o essere sensibile a un contaminante ambientale prima che questi abbia un impatto sull’essere umano, “le popolazioni animali esposte spontaneamente a contaminanti presenti nell’ambiente i cui dati possono essere regolarmente e sistematicamente raccolti e analizzati” – spiega De Nardo – “possono costituire dei veri e propri sistemi sentinella animali in grado di poter monitorare un’ampia varietà di inquinanti ambientali pericolosi per la salute umana e per gli ecosistemi”. Va ricordato, inoltre, aggiunge la ricercatrice dell’Iss, che “la vita media relativamente più breve degli animali domestici e da compagnia determina un più breve tempo di induzione – latenza di molte patologie di interesse, e quindi un’anticipazione nell’osservazione di eventuali effetti avversi”. L’esempio storico di animale sentinella è quello del canarino che i minatori, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, portavano nel sottosuolo in una gabbietta, insieme agli attrezzi da lavoro, usandolo come spia dell’eventuale fuoriuscita di monossido di carbonio, gas inodore che provocava la morte improvvisa dell’uccellino. Nel caso delle pecore di Biancavilla, precisa De Nardo, “non si è proceduto a una valutazione dell’esposizione, ma si è solo voluto verificare se nel polmone delle pecore abbattute durante le usuali pratiche di macellazione si poteva riscontrare la presenza delle stesse fibre oggetto delle indagini ambientali e sanitarie condotte a Biancavilla”. Indagini che riguardavano l’identificazione, quale fonte d’esposizione nell’ambiente, dell’area di cava di Monte Calvario (cava d’estrazione di materiale usato per l’edilizia locale). “Abbiamo esaminato i polmoni di 27 pecore di almeno tre anni di età appartenenti a un allevamento scelto ad hoc” – continua l’esperta – “e in otto di esse abbiamo isolato, oltre ad altri 13 minerali, anche fibre di fluoro-edenite, una fibra asbestiforme, la stessa rinvenuta negli intonaci delle case di Biancavilla e in un campione di tessuto polmonare di una paziente deceduta per mesotelioma della pleura”. Non mancano studi condotti su animali da compagnia, viventi in grandi città e zone industriali, la maggior parte dei quali ha riguardato il cane, a motivo innanzitutto della sua convivenza con l’esser umano. “Entrambi” – afferma Paolo Stefano Marcato, del Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Patologia Animale dell’Università di Bologna – “condividono strettamente l’ambiente urbano, tanto quello esterno i cui principali inquinanti, immessi nell’atmosfera dagli scarichi di veicoli a motore e industrie e in generale dalla combustione dei carburanti fossili, quanto l’ambiente domestico, contaminato dal fumo di sigaretta, da sostanze presenti in vernici, prodotti per la pulizia, spray antiparassitari ecc.”. I sistemi respiratori umano e canino, inoltre, presentano svariate analogie. “E anche le lesioni riscontrate in queste due specie sono analoghe. Per esempio le neoplasie si assomigliano per comportamento biologico, caratteristiche patologiche, fattori di rischio ed epidemiologia”. Per di più, “nel cane” – va avanti Marcato – “data la brevità della sua vita, si ha una concentrazione delle risposte fisiopatologiche, per cui i processi di cancerogenesi e delle altre patologie croniche producono i loro effetti più rapidamente”. Un esempio, tra i più recenti, giunge dai cani di Ground Zero, inconsapevoli spie di ciò che potrebbe capitare ai pompieri e agli agenti che li hanno accompagnati negli scavi: molti dei fedeli quadrupedi, infatti, sono morti circa un anno dopo la tragedia dell’11 settembre, a causa di tumori e patologie respiratorie contratte in seguito all’aspirazione dei fumi di amianto, piombo, mercurio e cloro provenienti dalle rovine delle Torri Gemelle. Occorre, tuttavia, tener presente che “nonostante il largo impiego degli animali sentinella nel monitoraggio dei siti di discarica, in test di cancerogenesi e nella valutazione della contaminazione dell’acqua e della catena alimentare” – afferma De Nardo – “rimangono alcune incertezze derivanti, soprattutto, dalle insufficienti caratteristiche di comparabilità di molte specie animali e dall’assenza di sistemi di raccolta dei dati strutturati ed efficaci che trovino un termine di paragone in una corrispondente sorveglianza epidemiologica in ambito umano”.

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