Memoria: scoperto un insolito legame con il sistema immunitario

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(Foto: MethoxyRoxy/Wikipedia CC)

Il sistema immunitario non ci protegge soltanto dalle malattie. Fa molto di più. Un recente filone di ricerca sta indagando il possibile legame che intercorre tra il sistema immunitario e quello nervoso. Alcuni studi, infatti, hanno dimostrato, che il nostro sistema di difesa entra in gioco per esempio anche quando impariamo ad orientarci nello spazio o che può addirittura influenzare le nostre relazioni sociali. Ad aggiungere un pezzetto alle ricerche nel campo è oggi il lavoro di un gruppo di ricercatori europeo guidato da Miguel Ribeiro con uno studio presentato sulla rivista Science Immunology. La ricerca ha esaminato il ruolo di un particolare sottogruppo di linfociti T e suggerisce che questi possano influenzare anche la memoria.

Cervello, linfociti T e interleuchina-17

Lo studio delle cellule del sistema immunitario che popolano le meningi, le membrane esterne che separano il cervello dalle ossa craniche, ha preso grazie alla scoperta rivoluzionaria dell’esistenza del sistema linfatico nel cervello, che ha stravolto il paradigma di organo immunologicamente privilegiato, “schermato” dal flusso sanguigno. Le ricerche si sono concentrate in particolare sui linfociti T a risposta rapida delta-gamma, celllule coinvolte nello sviluppo di malattie neuroinfiammatorie come l’encefalomielite autoimmune riprodotta sperimentalmente e il danno da riperfusione ischemico cerebrale e che producono l’interleuchina-17 (IL-17), una proteina secreta in risposta ad uno stato infiammatorio.

Alcuni neuroimmunologi hanno scoperto che questo particolare sottogruppo di linfociti T, sconosciuto fino a qualche tempo fa, era presente tessuti dell’organismo dove svolgeva compiti slegati dall’infiammazione. Li troviamo, per esempio, come protagonisti chiave nel processo di riparazione ossea e di termogenesi ma anche dell’espletamento di funzioni fisiologiche cerebrali quali l’apprendimento spaziale, la risposta sensoriale e il comportamento sociale. Cosa altro possono fare queste cellule?

Meno interleuchina-17, meno memoria

Miguel Ribeiroe colleghi hanno ipotizzato che i linfociti T gamma-delta produttori di IL-17 potessero svolgere un ruolo anche sull’attività cognitiva in uno stato non infiammatorio e quindi fisiologico. Per dimostrarlo hanno sottoposto alcuni topi ad un trattamento con anticorpi monoclonali che rimuovevano in maniera selettiva la proteina IL-17, dopodiché hanno messo alla prova le loro capacità cognitive e di memoria. Effettivamente, come ipotizzato, i topolini carenti di IL-17 presentavano una forte compromissione della memoria a breve termine e un ridotto potenziamento a lungo termine, importante indice di plasticità sinaptica, rispetto ai topi di controllo. Inoltre, coltivando delle cellule gliali arricchite di IL-17, i ricercatori hanno notato un incremento significativo nella produzione del fattore neurotrofico cerebrale (BDNF). Somministrando IL-17 quindi è stato possibile ripristinare le attività cognitive e mnemoniche dei topolini.

Molecola “a due facce”

L’interleuchina-17 è una proteina che apporta inaspettati benefici sulle prestazioni cognitive, anche se per ora solo su modello murino. Ma prima di immaginarne un potenziale benefico, come promotore di apprendimento e memoria, è bene ricordare che elevati livelli di interleuchina-17 possono contribuire alla morte di cellule neuronali e ad anomalie comportamentali. E quando prodotta in eccesso durante un’infiammazione può portare a una vera e propria neurodegenerazione .

Riferimenti: Science Immunology

(Credits immagine: MethoxyRoxy/Wikipedia CC)

2 Commenti

  1. Il sistema nervoso è nato dopo il sistema linfatico, perciò è stato giusto e sacrosanto – oltre che improcrastinabile – che anche i neuroni al pari delle altre cellule abbiano approfittato dell‘occasione per trarne dei benefici; altrimenti non saremmo qui a discuterne.

  2. A scanso di equivoci … nel commento precedente avevo data per scontata l’esistenza di un sistema linfatico primitivo, equivalente a un solo tipo di cellula che si era, specializzata, imparando a interagire con l’ambiente esterno e a passare le “informazioni apprese” alle cellule vicine con il semplice contatto della membrana cellulare.

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