Ambiente

Così i sonar militari mettono in pericolo i cetacei

Lo spiaggiamento è un fenomeno in cui cetacei quali balene e delfini si arenano sulla terraferma, solitamente su una spiaggia: questo spesso porta alla morte degli animali a causa di disidratazione, per l’impossibilità di sopportare il proprio peso o perché l’alta marea finisce per coprire il loro sfiatatoio e impedire la respirazione. Le cause di questo fenomeno sono varie e alcune di esse sono naturali (molti spiaggiamenti sono infatti avvenuti nel corso dei secoli), ma in passato sono emerse prove che supportano la tesi che l’utilizzo di sonar da parte delle navi, soprattutto durante esercitazioni militari, sarebbero perlomeno un fattore contribuente.

Uno studio, pubblicato sul Journal of Experimental Biology, affronta questo argomento dal punto di vista del consumo energetico: quanta più energia consumano i cetacei quando vengono spaventati da un sonar, e in che modo questo potrebbe causare uno spiaggiamento? Terrie Williams e i suoi colleghi della University of California di Santa Cruz hanno cominciato con il chiedersi qual è il costo energetico di una vita passata quasi interamente sott’acqua, un ambiente che rende attivamente difficile il movimento, e in cui la quantità di ossigeno è sempre limitata. In che modo una situazione del genere complica, ad esempio, il dover scappare da un pericolo?

Nella ricerca, gli autori spiegano che un delfino in fuga da un pericolo muove continuamente le sue pinne, mentre una normale nuotata in condizioni normali è solitamente accompagnata da una spinta delle pinne seguita da una “scivolata” nell’acqua. Questo ovviamente ha conseguenze sul dispendio energetico degli animali – dai risultati della ricerca è infatti emerso che gli zifii (Ziphius cavirostris) in fuga da un sonar a bassa frequenza usano il 30,5% in più di energia per muoversi rispetto a quando non sono spaventati.

Lavorando con un team di addestratori, il team ha passato sei mesi a studiare sei delfini del genere Tursiops, per cercare di misurare il costo metabolico associato a diversi tipi di nuoto. Durante un primo round di test, i delfini hanno imparato a nuotare in condizioni di assenza di pericolo spingendo una placca in grado di misurare la forza applicata. Allo stesso tempo, una telecamera riprendeva gli animali per permettere ai ricercatori di calcolare il numero di “bracciate”. Il secondo round di test consisteva invece nel nuotare verso il basso, indossando un tracker in grado di calcolare il numero di bracciate, e attraversare una serie di anelli prima di tornare in superficie. Ai delfini era inoltre insegnato a respirare in una specifica zona della piscina ricoperta da una cupola, in modo da poter misurare quanto ossigeno era inalato.

Dopo mesi di ricerca, il team è riuscito a calcolare il costo metabolico per i delfini: 3,3 Joule/(kg per bracciata) in condizioni normali, e quasi il doppio, 6,4 Joule/(kg per bracciata), al massimo delle loro capacità. I test sono stati ripetuti per un gruppo di orche assassine e i risultati ottenuti hanno permesso agli scienziati di creare un grafico in grado di stimare il consumo energetico della maggior parte dei cetacei.

Ma come collegare questi risultati al fenomeno dello spiaggiamento? Poiché alcuni di questi eventi sembrano essere causati dall’inquinamento acustico causato dall’uomo, gli scienziati hanno deciso di osservare la reazione di uno zifio all’esposizione a 20 minuti di un sonar simile a quelli utilizzati dalle navi nelle esercitazioni militari. Essi hanno notato che il numero di bracciate aumentava significativamente, da circa 13 al minuto fino a circa 17 al minuto, causando un aumento del 30,5% dell’energia consumata, necessaria a permetter all’animale di aumentare la sua velocità e sfuggire dal pericolo (in questo caso la fonte del suono). Non solo, ma lo zifio ha continuato a consumare energia a questo tasso più elevato per altre 2 ore dopo lo spegnimento del sonar, mostrando quanto tempo è necessario per gli animali per riprendersi da queste situazioni.

“Non tutte le bracciate sono uguali in termini di consumo energetico,” ha spiegato Williams, “E questo ha enormi conseguenze sul costo energetico della fuga da situazioni pericolose. Tenendo in considerazione il numero di spiaggiamenti di massa di cetacei a livello globale e la maggior presenza degli esseri umani negli oceani, questi dati sono molto importanti.”

Riferimenti: Journal of Experimental Biology

Claudia De Luca

Dopo la laurea triennale in Fisica e Astrofisica alla Sapienza capisce che la vita da ricercatrice non fa per lei e decide di frequentare il Master in Giornalismo e Comunicazione della Scienza all'Università di Ferrara, per imparare a conciliare il suo amore per la scienza e la sua passione per la scrittura.

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