Quel sonar fa perdere la bussola

Lo scorso maggio, un insolito spiaggiamento di cetacei sulle coste greche del golfo di Kyparissia aveva insospettito Alexander Frantzis, biologo dell’Università di Atene accorso sul posto per studiare il fenomeno: gli animali non si erano spiaggiati in gruppo ma giacevano in diversi punti in un’area di una quarantina di chilometri. Una stranezza, questa, pensò il ricercatore, che meritava qualche indagine in più. Ed è così che è arrivato a fare una scoperta interessante: proprio nei giorni e nella stessa area in cui si verificava lo spiaggiamento (12-13 maggio 1996), la Nato stava sperimentando un nuovo sistema di rilevamento sottomarino a basse frequenze, le stesse utilizzate da questi animali per comunicare. Una coincidenza? Forse.

Ma i dati statistici – sostiene il ricercatore – non confortano questa ipotesi: per quella specie di cetacei, Ziphius cavirostris, e per quella zona, le probabilità di uno spiaggiamento in una situazione normale sarebbero state inferiori allo 0,07 %. Un po’ poche, sottolinea Frantzis in una lettera pubblicata sull’ultimo numero di Nature in cui rende noti i suoi sospetti. Per arrivare a conclusioni definitive, dice lo studioso greco, sarebbe necessario conoscere meglio la tecnologia sperimentata dalla Nato: cosa però alquanto difficile, visto che l’Lfas (Low Frequency Active Sonar) è coperto da segreto militare.

Lo zifio, un cetaceo di profondità

Lo Ziphius cavirostris, un cetaceo pelagico che si immerge in profondità, raramente si spiaggia. Dal 1963, in tutto il mondo sono stati registrati solo sette casi in cui siano rimasti coinvolti più di quattro individui. Nello Ionio orientale, tra l’isola di Zante e la costa occidentale del Peloponneso, la specie abbonda, e può dunque capitare che si verifichi qualche caso di morte sulla sabbia.

Anomalie e coincindenze sospette

Tra il 1992 e il 1997, la media è stata di circa uno zifio arenato ogni sei mesi. L’unica eccezione è proprio quella riportata nel maggio dell’anno scorso da Frantzis, e che aveva subito insospettito i ricercatori dell’Università di Atene accorsi sul posto per studiarne le cause. L’episodio infatti non solo sballava le statistiche, ma aveva qualcosa di strano: perché gli animali non giacevano tutti nella stessa località, come di solito avviene in questi casi, ma si trovavano distanti l’uno dall’altro, sparpagliati in un raggio di circa una quarantina di chilometri.

Inoltre, le analisi necroscopiche eseguite su otto cetacei non avevano rivelato nulla di utile all’individuazione della cause dello spiaggiamento. In cerca di una possibile spiegazione, Frantzis e i suoi colleghi avevano poi scoperto che il bollettino nautico greco segnalava per quei giorni (dalle ore 24 del giorno 11 alle ore 24 del 15 maggio) la presenza nell’area di una nave Nato per la sperimentazione di un sistema sonar, l’Lfas appunto, che utilizza le basse frequenze. Proprio quelle che i cetacei utilizzano per comunicare tra loro.

Lfas, bombe sonore per scandagliare gli oceani

Le prime ricerche sull’impiego delle basse frequenze per rilevare i silenziosi sottomarini diesel e nucleari risalgono agli inizi degli anni Ottanta, ma è solo dal ‘96 che la Nato ne ha avviato la sperimentazione. Il sistema produce suoni ad una frequenza uguale o superiore ai 230 decibel, che si propagano su grandi distanze. Anche se gli effetti di queste frequenze sui cetacei sono ancora poco studiati, molti ricercatori ritengono che ad alti livelli, come nel caso del Lafs, possano danneggiarli e influenzarne il comportamento. I cetacei di profondità come gli zifii, poi, sarebbero ancora più sensibili.

Ad aumentare i sospetti sul potenziale letale di questa tecnologia sulle creature marine, riferisce Frantzis, concorrerebbero altri spiaggiamenti atipici di zifii avvenuti in passato alle Isole Canarie, sempre in coincidenza con manovre militari. Comprensibile dunque l’apprensione con cui alcune organizzazioni ambientaliste, tra le quali Greenpeace e l’Animal Welfare Institute, guardano alla sperimentazione del Lafs avviata dalla marina militare americana in acque hawaiane. Gli ambientalisti hanno fatto appello alla corte federale per impedire che questi test si svolgano a poche miglia dall’Hawaian Islands Humpback Whale National Marine Sanctuary, una riserva istituita per consentire alle balene di allevare i piccoli in tutta tranquillità. Ma il ricorso è stato respinto e, proprio in questi giorni, sono iniziati i test.

Biologi a bordo, per indagare

Questa volta, comunque, i militari sono affiancati da biologi marini, che dovranno valutare l’impatto ambientale delle basse frequenze. I test hawaiani quindi potrebbero fornire qualche risposta all’interrogativo sollevato da Frantzis: i test acustici fanno spiaggiare i cetacei? Certo è che, nel Mediterraneo, una simile collaborazione non è stata possibile. Non a caso Frantzis e i suoi colleghi dell’Università di Atene sono venuti a conoscenza dell’attività della Nato nell’area interessata dallo spiaggiamento degli zifii solo spulciando gli avvisi ai naviganti stilati dal servizio idrografico della marina ellenica.

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