Salute

Sputnik V, tutto quello che sappiamo sul vaccino russo

Quando si dice tempismo perfetto. Appena due giorni dopo l’annuncio di Pfizer-Biontech, che hanno dichiarato che il loro vaccino è efficace in oltre nove casi su dieci, arriva il gioco al rialzo della Russia. Il cui ministro della Salute ha appena annunciato che Sputnik V, il vaccino messo a punto dall’Istituto nazionale di epidemiologia e microbiologia Nikolai Gamaleya di Mosca con il sostegno del Fondo russo per gli investimenti diretti (Rdif), registrato a metà agosto scorso, avrebbe un’efficacia addirittura superiore, attestata al 92% circa. Ma i dubbi sono ancora molti: a parte il fatto che l’annuncio è così ravvicinato a quello di Pfizer-Biontech, non sono ancora disponibili i risultati della fase III dei trial clinici sul farmaco, requisito indispensabile per l’approvazione. A dirla tutta, non è addirittura ancora chiaro se la fase III sia realmente iniziata o meno: il dato sull’efficacia sarebbe stato estrapolato da una non meglio precisata “campagna di vaccinazione di massa” eseguita al di fuori della fase III. Sembra insomma che, per adesso, dietro l’annuncio del governo russo ci sia più fumo che arrosto.

Come vi avevamo raccontato ad agosto, dopo la (prematura) approvazione del vaccino da parte di Vladimir Putin, Sputnik V è costituito da due dosi, da somministrare a un certo tempo di distanza: la prima è basata sull’adenovirus ricombinante Ad26, mentre la seconda, che dovrebbe potenziare la risposta immunitaria generata dalla precedente, sull’adenovirus Ad5. Due soluzioni simili a quelle di altri vaccini in fase di sperimentazioni, con l’unica differenza che Sputnik V prevede l’uso combinato dei due preparati.

Le ultime notizie sullo stato della sperimentazione di Sputnik V risalgono all’inizio di settembre, quando un team di scienziati russi (ripetiamo: oltre 15 giorni dopo l’approvazione da parte del governo) ha pubblicato il primo report ufficiale sul vaccino. Un lavoro, va detto, giudicato “estremamente rigoroso” dal punto di vista metodologico, che però è stato condotto su un numero molto limitato di volontari e che, soprattutto, ha messo in luce che il vaccino produce un livello modesto di anticorpi contro il coronavirus, causando effetti collaterali relativamente modesti. Ancora: il report non risponde alla domanda più interessante, quella relativa a un’effettiva immunità conferita dal vaccino.

Ciononostante, il ministero della Salute ha annunciato di aver pianificato di voler cominciare a vaccinare gli operatori sanitari di prima linea e gli insegnanti (su base volontaria), operazione per la quale il Rdif avrebbe già stanziato fondi per la produzione di 30 milioni di dosi entro la fine dell’anno –stima ridimensionata quasi subito a 2 milioni a causa delle difficoltà produttive e logistiche dell’operazione. Poco sorprendentemente, la Russia ha bollato lo scetticismo rispetto alla solidità scientifica di Sputnik V come “calunnioso e pregiudizievole”, affermando ripetutamente tramite i portavoce del Rdif che il sistema di somministrazione del preparato è più sicuro e testato rispetto a quello di altri vaccini, tra cui per l’appunto l’mRna del farmaco di Pfizer-Biontech.

Via: Wired

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Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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