Gli albatross rischiano l’estinzione. A provocarne la morte per annegamento è la “longline fishing”, la pesca industriale che utilizza cavi lunghi anche decine di chilometri a cui gli uccelli rimangono impigliati. Una triste sorte che colpisce 100 mila esemplari ogni anno mettendo a rischio ben 17 specie di albatross, e altri 300 mila uccelli marini appartenenti a 22 specie. L’allarme viene lanciato da BirdLife International, alleanza mondiale di associazioni nazionali dedite alla conservazione della natura, e dalla Lipu, che accusano ben 14 paesi di non aver ancora avviato la preparazione di un Piano d’azione nazionale (Npoa) per la salvaguardia dei volatili, come raccomandato nell’ultimo meeting Fao-Ipoa (International plan of action) svoltosi nel 2001. “A distanza di tre anni purtroppo il progresso sullo sviluppo degli Npoa è stato lento e inadeguato”, afferma Leon Vilijoen, coordinatore della campagna Albatross di BirdLife International, “il che dimostra i limiti di un approccio volontaristico in materia e la necessità di interventi governativi”. I paesi sotto accusa sono: Argentina, Cina, Colombia, Madagascar, Ecuador, Filippine, Messico, Panama, Perù, Uruguay, Spagna, Islanda, Mozambico e Francia. “Rimproverata” anche la Nuova Zelanda che dovrebbe dare l’esempio, in quanto patria della maggior parte delle specie minacciate: il suo Npoa, secondo l’associazione ambientalista, non ha registrato alcun progresso nell’ultimo anno. (d.d.v.)