Un nuovo approccio di terapia genica contro l’hiv

Hiv
Distruggere le cellule infettate da hiv e allo stesso tempo fornire una protezione duratura dalla malattia sono gli obiettivi della lotta contro l’Aids. E da oggi potremmo avere un’arma in più per raggiungere il traguardo dell’eradicazione della malattia: i ricercatori dell’Università della California, infatti, hanno sviluppato un nuovo approccio di terapia genica che sembra promettere molto bene.Il team ha modificato le cellule staminali emopoietiche (cioè quelle da cui si originano tutti gli elementi del sangue) per ottenere linfociti T (Car-T cells) in grado non solo di riconoscere le cellule infette e eliminarle, ma anche di costituire una popolazione stabile, capace potenzialmente di conferire immunità a lungo termine dall’hiv.

Lotta all’Aids
Una delle più grandi conquiste nella battaglia contro la Sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids) è stata di certo lo sviluppo di terapie basate su farmaci antiretrovirali, che permettono di bloccare la replicazione del virus e abbassare la carica virale nell’organismo fino a livelli quasi irrintracciabili.

Anche se rispetto al passato i pazienti conducono una vita lunga e di buona qualità, al momento dall’Aids non si guarisce, ma una delle strade battute dagli scienziati è quella di indurre una reazione del sistema immunitario così efficiente da sradicare l’infezione dal corpo ed eliminare le cellule infette che possono ricomparire anche a distanza di anni dal trattamento.

È in questo filone di ricerca che si inserisce lo studio di Anjie Zhen e colleghi dell’Università della California, che hanno applicato un approccio di terapia genica per modificare le cellule staminali emopoietiche dei macachi per ottenere linfociti T in grado di riconoscere e eliminare in modo specifico le cellule infettate da hiv.

Terapia genica
Facciamo un passo indietro. Per infettare le cellule dell’organismo ospite, hiv si lega a una molecola di membrana chiamata CD4. In questo modo hiv inganna la cellula che fa entrare il materiale genetico del virus – che potrà poi replicarsi –lasciando però all’esterno il suo involucro proteico vuoto.

Il team statunitense ha avuto l’idea di inserire nelle cellule staminali emopoietiche un gene Car (Chimeric antigen receptor) composto da una parte del gene di CD4: i linfociti T derivati dalle cellule modificate esprimono così un recettore chimerico dell’antigene in grado di riconoscere e legare una delle proteine dell’involucro di hiv. Quando il recettore CD4-Car di questi speciali linfociti T (chiamati in gergo tecnico Car-T cells) si lega all’involucro di hiv all’esterno delle cellule infettate, è come se una chiave facesse scattare una serratura, avviando una cascata di reazioni molecolari che portano il linfocita Car-T ad attivarsi e a distruggere la cellula malata.

Punto di forza dello studio, però, è soprattutto la dimostrazione che le cellule staminali modificate geneticamente, una volta ritrasferite nell’animale, non solo sopravvivono ma sono in grado di produrre una popolazione di linfociti Car-T che si mantiene stabile e efficiente anche a due anni di distanza dal trapianto. Dai dati forniti dai ricercatori, infatti, sembra che le cellule Car-T si distribuiscano nei distretti corporei cruciali nella storia naturale della malattia (tessuto linfoide e tratto gastrointestinale) dove il virus si annida e si replica.

Prospettive future
I risultati della ricerca evidenziano per la prima volta che le cellule staminali emopoietiche possono essere modificate con l’inserimento di un gene Car e che questo approccio di terapia genica può innestarsi in sicurezza nel midollo osseo di un organismo ricevente, generando cellule del sistema immunitari mature e funzionanti.

Per il momento i ricercatori puntano a perfezionare l’approccio in modo tale che possa affiancare le terapie antivirali: la speranza è che la combinazione renda le terapie standard più efficaci, riducendo la dipendenza dei pazienti dai farmaci e abbattendo i costi.

Questo studio apre inoltre interessanti prospettive di applicazione, che potrebbero portare in futuro allo sviluppo di una strategia terapeutica che debelli l’infezione da hiv e conferisca una protezione sicura e permanente da questa come da altre malattie.

Via: Wired.it

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