Tutti i segreti del celacanto

A usare questo nome per la prima volta è stato nientemeno che Charles Darwin. Si deve allo scienziato inglese, infatti, l’espressione fossile vivente. Che calza a pennello per il celacanto, un pesce in via di estinzione che vive nelle profondità marine ed è incredibilmente simile al suo antenato di oltre trecento millioni di anni fa. Per questa caratteristica, il celacanto è un esemplare ghiottissimo per biologi ed evoluzionisti, che sono appena riusciti a sequenziarne completamente il genoma evidenziandone le peculiarità più interessanti. Il lavoro degli scienziati, provenienti dai centri di ricerca di tutto il mondo, è stato pubblicato sulla rivista Nature.

Fino a non troppo tempo fa, si pensava che questo animale, abitante delle grotte marine, lungo un metro e dotato di pinne simili a veri e propri arti, fosse ormai estinto. Poi, nel 1938, ne è stato scoperto un esemplare vivente al largo della costa orientale africana, e successivamente altri simili nelle acque indonesiane. Lo studio del genoma di queste creature ha confermato oggi quello che molti ricercatori sospettavano da tempo: i geni del celacanto si sono evoluti molto più lentamente rispetto a quelli degli altri organismi, terrestri e non.

“Abbiamo scoperto che i geni, globalmente, si stanno evolvendo in modo significativamente più lento rispetto a tutti gli altri pesci e vertebrati terrestri che abbiamo preso in considerazione”, racconta Jessica Alföldi, ricercatrice al Broad Institute e prima autrice del lavoro. “È la prima volta che abbiamo a disposizione un insieme di geni abbastanza grande da trarre questa conclusione”. I ricercatori ipotizzano che questo tasso evolutivo così basso sia dovuto al fatto che i celacanti, semplicemente, non hanno avuto bisogno di evolversi. Vivono in acque oceaniche abbastanza profonde, un ambiente che è cambiato relativamente poco nel corso dei millenni. “Si parla spesso di quanto le specie cambino nel tempo”, prosegue Kerstin Lindblad-Toh, direttore scientifico del gruppo di ricerca in biologia genomica dei vertebrati al Broad Institute. “Ma esistono degli ecosistemi sulla Terra in cui gli organismi non devono necessariamente cambiare per sopravvivere. Come, per l’appunto, le acque in cui vivono i celacanti. Questi organismi sono probabilmente iperspecializzati per vivere in un ambiente estremo e poco mutevole”.

E tornando alla definizione di fossili viventi, Alföldi precisa che il celacanto non è semplicemente una reliquia del passato riportata in vita: si tratta invece di una specie che è sopravvissuta, si è riprodotta ed è rimasta praticamente uguale a sé stessa per milioni di anni. “Non è propriamente un fossile vivente. È un organismo vivente. Vive nel nostro mondo, non in una bolla temporale. È per questo che la scoperta che il celacanto ha una storia evolutiva molto più lenta della nostra è così affascinante”.

L’analisi degli scienziati ha permesso anche la verifica di questioni a lungo dibattute, soprattutto riguardo al problema della cosiddetta transazione acqua-terra. Questi animali possiedono alcune caratteristiche, in primo luogo le pinne lobate, stranamente simili a quelle di animali terrestri a quattro zampe, i tetrapodi. Ma non sono i soli: anche i dipnoi, un altro ordine di pesci, possiedono lo stesso tipo di pinne. Secondo i ricercatori, gli antenati di dipnoi o celacanti hanno probabilmente dato origine alle prime creature anfibie a quattro zampe, capaci di emergere dall’acqua e camminare sulla terra. Per saperne di più, gli scienziati, oltre a sequenziare completametne il Dna dei celacanti (oltre tre milioni di lettere) hanno anche comparato l’Rna di entrambe le specie (indonesiana e africana) con quello dei dipnoi. È con questi ultimi che, al momento, sembrerebbero più strettamente imparentati i tetrapodi.

Nonostante questo, i celacanti restano comunque esemplari estremamente interessanti da studiare. I ricercatori sono andati a guardare i geni dei celacanti andati perduti quando i vertebrati sono arrivati sulla terra e i cosiddetti elementi regolatori, cioè le parti del genoma che regolano quali e quanti geni siano attivi. Ecco le loro principali conclusioni.

Olfatto. L’equipe ha scoperto le principali modifiche durante la transizione acqua-terra hanno riguardao i geni coinvolti nella percezione degli odori presenti nell’aria. Gli animali, trovandosi in un ambiente nuovo, ebbero evidentemente bisogno di nuovi mezzi per rivelare le sostanze chimiche presenti nell’ecosistema che li circondava.

Sistema immunitario. Nuovo ambiente, nuovi agenti patogeni. È questa la causa, secondo gli scienziati, delle differenze genomiche immuno-correlate riscontrate tra il genoma dei celacanti e degli organismi terrestri.

Sviluppo evolutivo. Secondo gli scienziati, esistono dei gruppi cruciali di geni che sono stati reclutati per formare alcune parti del corpo dei tetrapodi, tra cui gli arti e persino la placenta. Uno di questi gruppi, noto come HoxD, porta con sé una particolare sequenza condivisa tra tetrapodi e celacanti.

Ciclo dell’urea. I pesci si sbarazzano dell’azoto espellendo ammoniaca nell’acqua, mentre gli esseri umani e altri animali terrestri convertono velocemente l’ammoniaca nella meno tossica urea tramite il ciclo omonimo. I ricercatori hanno scoeprto che il gene più importante coinvolto in questo ciclo è stato modificato nei tetrapodi.

Secondo gli scienziati, il celacanto ha in serbo ancora altri segreti. “Questo lavoro non è che l’inizio di una serie di analisi”, conclude Chris Amemiya, un altro autore della ricerca, “che potranno insegnarci molto sulla comparsa e lo sviluppo dei vertebrati terrestri. Compresi gli esseri umani”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Aquamarine Fukushima

Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature12027

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