Una primitiva fabbrica di stelle

Le galassie starburst, vere e proprie fucine di stelle in cui il processo di formazione stellare è particolarmente violento, e sono molto probabilmente le antenate delle gigantesche galassie ellittiche dei giorni nostri, e sono considerate un punto centrale per la comprensione della loro origine e formazione. Per questo la scoperta di un gruppo di ricercatori guidati da Dominik Riechers del Caltech della più antica galassia puramente starburst mai rilevata, presente già 880 milioni di anni dopo il Big Bang, non passa certo inosservata tra gli addetti ai lavori. Una scoperta che ha generato anche un po’ di stupore, perché riuscire a rilevare sorgenti così indietro nel tempo richiede strumenti estremamente sensibili, un’abile elaborazione dei dati ottenuti e, anche, una buona dose di fortuna.

Nello studio, pubblicato su Nature, Riechers e i suoi colleghi mostrano come la galassia in questione, denominata HFLS3 e distante circa 12,8 miliardi di anni luce, conti 100 miliardi di masse solari di gas e polvere, e possieda un tasso di formazione stellare eccezionalmente alto, pari a 2000 volte quello della nostra Via Lattea: circa 3000 le masse solari prodotte ogni anno. Secondo gli scienziati, HFLS 3 potrebbe di fatto essere la galassia con il tasso di formazione stellare più alto mai registrato, e potrebbe dare un contributo fondamentale alla teoria secondo cui le galassie più massicce si sarebbero formate in seguito a starbusts, vere e proprie esplosioni stellari molto violente, nelle prime fasi di vita dell’Universo.

Riechers e gli altri autori spiegano anche la tecnica impiegata per scovare la galassia: utilizzando ben 12 telescopi contemporaneamente (operanti in varie porzioni dello spettro elettromagnetico), sia in orbita che sulla superficie terrestre, i ricercatori hanno scrutato con attenzione il cielo alla ricerca di sorgenti che apparissero molto rosse (e quindi molto lontane, per effetto dello spostamento verso il rosso nello spettro elettromagnetico prodotto dall’espansione dell’Universo), ipotizzando correttamente la loro natura di galassie primordiali e ottenendo una grande quantità di immagini in alta definizione e dati spettroscopici. Ma il loro lavoro non si è fermato qui: in seguito il team ha analizzato numerose righe di emissione standard, come quelle causate dal monossido di carbonio, dal carbonio ionizzato e dall’acqua, e ha identificato quindi quello di HFLS3 come uno degli ambienti più attivi dal punto di vista della formazione stellare quando l’Universo aveva solo il 6% della sua età attuale.

Grazie a questo studio, e al miglioramento delle tecnologie previsto nei prossimi anni con telescopi quali il VLA (Very Large Array) in Nuovo Messico e l’ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) in Cile, si avranno presto ulteriori informazioni sulle condizioni fisiche in queste galassie, informazioni che aiuteranno gli scienziati a porre stretti vincoli sui modelli di formazione ed evoluzione di galassie.

Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature12050

Credits immagine: Riechers et al., ESA/Herschel/HerMES/IRAM/, NRAO/AUI/NSF

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