Ambiente

Anak Krakatau, i segnali dal vulcano prima della catastrofe

Era la sera del 22 dicembre del 2018, quando un fianco del vulcano indonesiano Anak Krakatau è crollato provocando, nello stretto della Sunda tra Sumatra e Giava, un immenso tsunami che uccise 430 persone. Premettendo che nessuna delle anomalie nell’attività del vulcano presa singolarmente avrebbe potuto prevenire l’imminente catastrofe, Anak Krakatau, secondo uno studio appena pubblicato su Nature Communications, avrebbe comunque dato alcuni segnali di avvertimento prima che il suo crollo generasse lo tsunami. A raccontarlo è stato un team di ricercatori internazionale, coordinato da Thomas Walter del German Research Center for Geosciences Gfz a Potsdam che, dopo aver analizzato un’enorme quantità di dati sia terrestri che satellitari, è riuscito ha mostrare come il vulcano abbia prodotto chiari segnali di attività addirittura mesi prima del suo crollo. A prender parte allo studio anche Marco Laiolo e Francesco Massinetti dell’Università di Torino.

Gli avvertimenti di Anak Krakatau

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno osservato che nel corso dei mesi precedenti il crollo, il movimento verso il mare del fianco sud-occidentale del vulcano aveva formato gradualmente una sorta di “scivolo”. Infatti, i dati satellitari, spiegano i ricercatori, hanno mostrato un aumento delle temperature, iniziato intorno al 30 giugno, e dei movimenti più veloci del suolo, intorno a gennaio 2018. Mentre dai dati sismici e delle onde sonore a bassa frequenza è stato osservato un piccolo terremoto due minuti prima che il crollo (scivolamento) improvviso del fianco del vulcano generasse lo tsunami.

(Foto: GFZ)

“Ad Anak Krakatau siamo stati in grado di osservare per la prima volta come è avvenuta l’erosione di un fianco vulcanico e quali segnali lo hanno annunciato”, spiega il vulcanologo Thomas Walter. “Abbiamo utilizzato una gamma eccezionalmente ampia di metodi: dall’osservazione satellitare ai dati sismici terrestri, dagli infrasuoni ai dati dei droni, dalle misurazioni della temperatura all’analisi chimica dei prodotti di eruzione. Nei giorni successivi allo tsunami, siamo stati in grado di analizzare questo evento in diverse località di diversi paesi contemporaneamente”.

Migliorare i sistemi di monitoraggio

Con un metodo simile a questo appena utilizzato per Anak Krakatau, spiegano i ricercatori, tali eventi potrebbero anche essere previsti su altre isole vulcaniche nell’Atlantico, nel Pacifico e persino nel Mediterraneo. “Partiamo dal presupposto che i sistemi di allerta precoce di uno tsunami devono anche tener conto degli eventi causati da frane. E quei vulcani che sono a rischio di franare dovrebbero essere integrati nei sistemi di monitoraggio”. I nuovi risultati mostrano, invece, che il pericolo di crollo dei vulcani è stato finora sottovalutato. Il prossimo passo ora è quello di identificare i vulcani a rischio e integrare i metodi di misurazione già esistenti con nuovi sensori e nuovi algoritmi per la loro valutazione. “Siamo fiduciosi che i nostri risultati porteranno allo sviluppo di sistemi di monitoraggio perfezionati”, ha concluso Walter.

Riferimenti: Nature Communications

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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