La scienza non confuta l’esistenza di Dio

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“In questo libro io non mi sono affatto proposto di dimostrare l’esistenza di Dio sotto alcuna forma. Miravo, invece, a mostrare in maniera convincente, spero, che la scienza non ha confutato che Dio esiste”. Sintetizza così Amir Aczel, divulgatore scientifico israeliano, naturalizzato americano, il lavoro presentato nel suo libro “Perché la scienza non nega Dio” (Raffaello Cortina Editore 2015).

Qualche antefatto. Tutto ha avuto inizio con un dibattito televisivo in Messico, in cui Richard Dawkins ha avanzato una tesi: le nostre conoscenze di fisica costituiscono la nuova e principale fonte di prova che qualsiasi congettura a proposito di un creatore non sia affatto necessaria. In quell’occasione l’autorevole biologo evoluzionista si è trovato di fronte al fisico Amir Aczel.

Aczel nel saggio si propone di confutare, con autorevolezza e competenza, i nuovi argomenti di Dawikins, che ha avuto la pretesa di sconfinare in un campo non propriamente suo: quello della fisica. Lo fa in un contesto culturale che sembra aver accettato due convinzioni abbastanza diffuse: oggi scienza e fede non possono coesistere in alcun modo ma, anzi, si contrappongono; e, addirittura, la scienza può essere utilizzata per smontare gli argomenti della religione.

Richard Dawkins cita il celebre scambio di battute fra l’imperatore Napoleone Bonaparte e il brillante matematico francese Pierre-Simone de Laplace. Quest’ultimo fece dono del suo libro Meccanica celeste, nel quale dimostrava come la fisica newtoniana governasse le complicate interazioni tra i pianeti, a Napoleone. L’imperatore lo lesse, e poi disse al matematico: “avete scritto un intero libro sul mondo senza menzionare il suo creatore”. La risposta di Laplace fu: “Sire, non ho avuto bisogno di quell’ipotesi”. Secondo Aczel, Dawkins trascura la parte finale della storia: in seguito, Napoleone riferì questo scambio di battute con Laplace a un altro grande matematico francese, Joseph-Louise Lagrange. La risposta di Lagrange fu: “Ah, ma è un’ipotesi così bella; spiega tante cose”. Come si evince da questo scambio di battute, all’epoca esistevano concezioni differenti anche fra i maggiori matematici e astronomi. La tesi di Aczel è che oggi, invece, la stragrande maggioranza degli scienziati si è allineata al pensiero del neoateismo.

Il fisico israelo-statunitense passa in rassegna nella prima parte i vari motivi per cui nelle civiltà umane è sorto il bisogno di credere in un’entità sovrannaturale. Addirittura, scienza e religione andavano di pari passo, quando addirittura non coincidevano. Tuttavia, nega che le Scritture possano essere interpretate alla lettera trattandosi invece di eventi con un valore allusivo metaforico.

L’autore propone poi una disamina delle più prestigiose teorie, dal Big Bang, scoperto dal sacerdote cattolico belga Georges Lemaître, ai quanti alla relatività. Tutte queste teorie, secondo Aczel, non hanno fornito alcuna prova che l’idea di un creatore debba essere necessariamente errata. Come può la meccanica quantistica predicare qualcosa su Dio se le sue leggi sono complicatissime? Le sue leggi sono così incomprensibili per noi da dare ragione alla celebre frase di Richard Feynman: “Se pensate di aver capito la fisica quantistica, allora non avete capito la fisica quantistica”. In nome della scienza quindi, sostiene Aczel, non si può affermare che Dio non esiste: si tratta di qualcosa di inafferrabile e inconoscibile, che trascende la conoscenza umana.

Questo saggio è una risposta forte al neoateismo, che vede nella scienza la sua più potente alleata contro Dio. Aczel sostiene che il compito della scienza sia quello di perseguire la verità, e  questo significa difenderla. Scienza e fede possono, nella sua visione, coesistere, in un clima di mutuo rispetto e tolleranza. C’è ancora spazio, dunque, per l’interrogazione a un tempo filosofica e teologica sul creatore del mondo. Al termine di questa lettura resta la convinzione che l’effettiva esistenza di un Dio risponda a un bisogno individuale meritevole di rispetto come ogni altra scelta che risponda a un intimo bisogno di consolazione e speranza.

Il libro

Amir D. Aczel “Perché la scienza non nega Dio”
Raffaello Cortina Editore, Milano. 2015, pp. 246 (euro 21,00)

Articolo prodotto in collaborazione con il Master sgp della Sapienza Università di Roma

10 Commenti

  1. chi ha creato Dio? cosa faceva prma di creare tutto l’universo? sono in studio anche risposte a queste domande….
    non escludiamo nulla ….ma procediamo con serietà
    in fin dei conti un qualche passo è stato fatto negli ultimi decenni …..
    sappiamo tutti che origini hanno le religioni ed a cosa servono

  2. Non condivido la scelta da parte di una rivista scientifica di pubblicizzare un libro che parli di superstizione perchè il credere in dio equivale a credere nei draghi, negli elfi e nelle varie superstizioni. Che lo faccia un giornale di scienza è alquanto disdicevole.

  3. A rigore di logica, la posizione di Aczel è ineccepibile.
    La fisica non può escludere l’esistenza di un Dio creatore dell’universo, anche se è un’ipotesi di cui non ha bisogno, e che crea più problemi di quelli che apparentemente risolve.

    Ma, ammesso che Aczel abbia ragione, un conto è non escludere che possa esistere esista un dio creatore dell’universo, e altra cosa è credere in un Dio personale, come lo immaginano le nostre religioni, che attribuiscono a Dio i nostri vizi e le nostre virtù, e lo immaginano in perenne contatto con una particolare specie di animale, in un piccolo pianeta di uno dei miliardi di soli, in una delle miliardi di galassie dell’universi che lui ha creato..

  4. Il nucleo principale di ogni Religione consiste nella “spiegazione” che ogni Religione da dell”esistenza del “Male nel mondo”.
    Perchè per gli esseri umani il “Male” di solito coincide con la “Sofferenza”.
    Ed il compito dei sacerdoti è sempre stato quello di consolare gli esseri umani di quelle sofferenze che non si riescono ad evitare.
    Ma dovrebbe essere piuttosto ovvio che la “Sofferenza” è legata alla “materia vivente”.
    Anche la più grande delle catastrofi conosciute, lo scontro tra due galassie, se NON vi sono forme di vita esistenti nelle galassie in collisione, allora lo scontro è solo un grandioso spettacolo, sopratutto se lo si guarda da molti milioni di anni luce di distanza.
    Ma noi che viviamo nei tempi moderni sappiamo che la “materia vivente” è il frutto di un evoluzione che è durata milioni di anni e che per giungere alla complessità delle forme viventi attuali (umani compresi) ha chiesto una immensità di sofferenze spesso atroci per giungere al punto in cui siamo.
    Aggiungiamo che una serie enorme di eventi casuali avrebbe potuto dare uno sviluppo del tutto diverso all’Evoluzione.
    Diviene difficile allora spiegare perchè un Dio onnipotente, onnisciente e onnipresente avrebbe dovuto percorrere una via così lunga, tortuosa e piena di sofferenze per tutte le specie viventi per giungere ai suoi scopi quali che fossero.
    Ed è sopratutto questo che crea la spaccatura “ideologica” tra Scienza e Religione.
    A meno che non si accetti l’idea di un Dio non creatore dell’Universo (che si è fatto da solo e si vede), ma piuttosto di un Dio solo Salvatore dell’Umanità (e scusate se è poco) pieno di compassione per le sue sofferenze e forse proveniente da un Universo Parallelo.

  5. probabilmente affermare che la scienza dimostra la non esistenza di dio è una forzatura, ma sicuramente come disse Laplace, non esiste argomentazione scientifica che abbia bisogno di affermare come postulato l’esistenza di Dio.
    A parte che il termine Dio è molto ambiguo: la maggior parte dei pochi scienziati tesisti non crede ad alcuna religione, essi ipotizzano si l’esistenza di un possibile creatore, ma costui sembra a tutti gli effetti ignaro della nostra esistenza e non essere in grado di interagire con la sua creazione dopo il “lancio” iniziale del progetto.
    Quindi no di certo il dio della Bibbia o del Corano.
    il salto da un creatore inconsapevole dei dettagli della sua creazione e impotente a interagire con essa agli dei dei libri fantasy scritti dagli umani il salto è quasi lo stesso che a partire dall’ateismo.

  6. a mio parere il conflitto non va ricercato in ambito filosofico, ma sociale. E’ un aspetto che raramente viene messo sul piatto della bilancia, come se l’adesione di una persona ad una certa religione sia una libera scelta filosofica. Ovviamente per la stragrande maggioranza delle persone non è così, ma essere religiosi è semplicemente dichiarare appartenenza ad un certo gruppo sociale (tipicamente quello della famiglia di origine). Il ruolo dei sacerdoti di qualsiasi religione non ha mai avuto niente a che fare con il mitigare sofferenze (non avrebbero mai istigato alle guerre allora…) ma quello di accumulare potere sociale. Questo è il maggior terreno di conflitto con la scienza che tende (non sempre riuscendoci) a diffondere il pensiero razionale e difendersi dai vari stregoni di turno.

  7. Espongo la mia considerazione: l’universo ha avuto in inizio o è eterno? Se la fisica ci dice che ogni effetto deve avere una causa,qual’è la causa dell’universo? Per gli ateisti rimane valida la seconda ipotesi. Domando : è accettabile?

  8. Avete mai provato a mettere tutta l’acqua della terra (o dell’universo, se non del “multiverso” o degli “universi paralleli”) in un bicchiere? Così è cercare di capire …
    Forse gli scienziati pensano di poter comprendere il TUTTO?
    Illusi e presuntuosi.

  9. Religione=superstizione? Che confusione di idee, anche etimologicamente. Trovo, piuttosto, l’articolo appropriato: il libro non induce a credere, ma promuove un’idea di scienza intellettualmente onesta, che non può esprimersi, col metodo che usa, sul concetto di creatore, non potendo questo essere indagato sperimentalmente nè riprodotto in un laboratorio. Anzi, altri libri sono già usciti rimarcando lo stesso concetto (a parte l’arcinoto Zichichi). La scienza non giustifica l’ateismo: credere, anche avendo una formazione scientifica, o meno, è una scelta personale. All’aumentare della sfera delle conoscenze, in fondo, aumenta la superficie di contatto con quel che ci accorgiamo di non sapere. La “spaccatura” scienza-fede non sta in esse, ma nasce nelle persone che lo vogliono: le due possono coesistere, non si negano a vicenda (Galileo docet: mai negato Dio pur avendoci dato il metodo scientifico…). Mi ripeto: la scelta è personale e non supportata dal numero di conoscenze scientifiche attuale o futuro.

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