Nuovi indizi sul prurito

Vi siete mai chiesti perché avvertiamo il prurito? Una delle teorie avanzate per spiegare questa strana sensazione lasciataci in eredità dall’evoluzione è che serva per metterci in allarme circa la presenza di insetti sulla nostra pelle (il loro leggero tocco basta a muovere i peli e a innescare il bisogno di grattarsi). Insetti che potrebbero portare malattie. Il prurito avrebbe quindi (almeno in parte) una funzione di difesa e oggi uno studio pubblicato su Science mostra grazie a chi nasce e si propaga, identificando i neuroni che ne sono i responsabili.

Nello specifico parliamo di prurito meccanico, diverso da quello chimico prodotto da un ferita in guarigione o dalla puntura di una zanzara. E diversi sono anche i neuroni che trasmettono questo tipo di prurito rispetto a quello chimico, sostengono gli scienziati guidati da Martyn Goulding del Salk Institute del La Jolla (California).

Infatti, raccontano i ricercatori, se nei topi si riduce il numero o si mettono a tacere selettivamente alcuni neuroni del midollo spinale (nel particolare, gli interneuroni inibitori che esprimono il neuropeptide Y) questi dopo un po’ cominciano a grattarsi in modo esagerato in risposta a dei tocchi leggeri. Al tempo stesso però le loro risposte a sostanze in grado di smuovere la sensazione di prurito chimico non variavano. Questo, ipotizzano gli esperti, farebbe credere che siamo di fronte a differenti vie neuronali coinvolte nella trasmissione dei diversi tipi di prurito.

Poco tempo fa alcuni ricercatori avevano identificato una proteina responsabile dell’innesco della sensazione del prurito (vedi Galileo: All’origine del prurito) e solo all’inizio dell’anno il team di Goulding ha identificato un’altra classe di neuroni coinvolti nella sensazione del leggero tocco della pelle (i neuroni RORα). Identificare tutti i protagonisti del prurito legato al tocco leggero potrebbe aiutare a capire cosa si inceppa in condizioni di prurito cronico (quali quelle di persone con eczema, sclerosi multipla o psoriasi, per esempio), suggerendo anche dove e come intervenire per bloccarlo.

Riferimenti: Science Doi: 10.1126/science.aac8653

Credits immagine: broterham/Flickr CC

 

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