Giovanna Ricoveri
Beni comuni fra tradizione e futuro
EMI, 2005
pp. 159, euro 13,00
La dimensione economica, giuridica e sociale dei beni comuni naturali e sociali pone questioni spinose in termini di giustizia sociale quanto ambientale. Le risposte a queste questioni possono essere cercate nel ventaglio delle politiche possibili. Con un’unica censura: non nominare la parola “privato” e i suoi derivati. Perché il privato dà origine e linfa al mercato e i beni comuni non possono essere “mercatizzati”, pena loro snaturamento e depauperamento. Questi gli assiomi ampiamente dibattuti da Giovanna Ricoveri e dagli altri autori, italiani e internazionali, nel primo quaderno della rivista “CNS- Economia Politica”. Rivista che ha avuto alterne vicende di pubblicazione: nata nel 1991 con il nome “Capitalismo Natura Socialismo” con l’obiettivo di analizzare i nessi tra ambiente, ecologia e politica, integrando le analisi con articoli in free copyright dalla rivista americana “Capitalism Nature Socialism”, da quella francese “Ecologie et Politique” e da quella spagnola “Economia Politica”. Edita in veste ora cartacea ora telematica, e con oscillazioni nella frequenza di distribuzione, torna ora sul mercato, con saggi tratti da riviste internazionali, anch’esse di nuova denominazione.Di cosa parliamo quando parliamo di “beni comuni”: di beni di sussistenza (l’acqua, l’aria, la terra, le foreste e la pesca), quelli globali (clima, oceani, sicurezza alimentare, pace) e i servizi pubblici (tra i quali acqua corrente, luce elettrica, scuola, sanità, trasporti). Il primo importante articolo presente nella rivista è tratto da un numero speciale di “The Ecologist” del 1992, che precisa la natura, né pubblica né privata, dei beni comuni. ““Beni comuni” significa (..) che le popolazioni locali hanno il diritto di definire la propria rete, le proprie forme di uso dei corsi d’acqua, dei pascoli e delle strade; di risolvere i conflitti che li riguardano a modo proprio; tradurre le conoscenze nella propria lingua”. In tali termini ragionano espressamente Ricoveri e Michael Goldman della University of Minnesota, nei primi due saggi: muovono i passi da un articolo di Garret Hardin tratto da un numero di Science del 1992 e dalle teorie di Ivan Illich. Neoliberismo, colonialismo, economicismo sono i demoni racchiusi entro il grande cappello del capitalismo e ispirano individualismo e oscurantismo. Il termine intermedio è segnato dal processo di privatizzazione, in crescita oggi esponenziale. Non si dovrebbe accrescere il beneficio del singolo a discapito di quello sociale, mentre le privatizzazioni spesso favoriscono proprio questo processo. Lo dimostrano sufficientemente bene Riccardo Petrella (Coordinatore dei Comitati nazionali per il Contratto mondiale dell’acqua) e Maude Barlow (Direttrice del Council of Canadians), solo per citarne alcuni: mettendo una lente in particolare su acqua, sanità e biodiversità, e puntando il dito sulla convenienza e l’entità della funzione dello Stato, uno, e sulle mani troppo lunghe del Gatt (poi Wto), l’altra. Petrella poi propone l’istituzione di una sorta di Tobin Tax sull’acqua, Fabio Parancandolo la globalizzazione dei diritti dal basso, Vandana Shiva un’alleanza tra Sud e Nord all’insegna del diritto al cibo e della sua certezza nel primo caso, e della sua sicurezza, nel secondo.Interventi interessanti che si fanno notare in alcuni casi per il loro assolutismo e per i toni estremisti che rischiano di offuscare il contenuto delle riflessioni e delle proposte.