Calcio: come gestire al meglio la fatica dei tempi supplementari

Ci siamo. Con le sfide Uruguay-Francia (ore 16.00) e Brasile-Belgio (ore 20.00) oggi iniziano i quarti di finale dei Mondiali di calcio 2018. E chissà se anche queste partite sfoceranno nei tempi supplementari, tanto temuti dai calciatori. Sì perché dopo 90 minuti di gioco – e anche lo spettatore più inesperto lo nota subito – è la fatica la vera padrona del campo: meno passaggi, meno dribbling, poca costruzione di gioco. Ma esiste un modo per agevolare i giocatori? La scienza può venire in aiuto e una ricerca dell’Università di Huddersfield promette di rivelare i trucchi per giocare tempi supplementari migliori.

Scoprire come mantenere buoni livelli di prestazioni agonistiche durante la mezzora di tempi supplementari è uno degli obiettivi delle ricerche di Liam Harper, professore di Scienze dello sport, esercizio fisico e scienze della nutrizione dell’Università di Huddersfield, che nel suo articolo Are soccer players going the extra mile in extra-time? pubblicato sul British Journal of Sports Medicine ha quantificato il numero di passaggi e i dribblingrealizzati in 18 partite di squadre di calcio europee professioniste, registrando un calo delle prestazioni dopo i due tempi da 45 minuti canonici.

L’obiettivo era indagare le cause fisiologiche che portano all’affaticamento dei giocatori e, dalla loro comprensione, sviluppare strategie che aiutino gli atleti a sostenere l’ulteriore sforzo.

Harper spiega come la colpa del calo delle prestazioni sia da imputare al cambiamento nell’uso del substrato energetico: “In genere, verso la fine dei 90 minuti di gioco, la quantità di glicogeno muscolare (la riserva di zuccheri dei muscoli, ndr) inizia a diminuire, ed è probabile che questa si riduca ulteriormente durante i tempi supplementari.

Le riserve di glicogeno muscolare sono la fonte principale di energia per la corsa ad alta intensità e per lo sprint, che sono fondamentali per prestazioni di successo nel calcio. Quando si arriva ai tempi supplementari”, continua l’esperto, “si inizia a utilizzare in maniera predominante il grasso come combustibile, un processo che non è altrettanto efficace per l’attività fisica ad alta intensità. Quando il corpo esaurisce le risorse energetiche [di zuccheri, ndr], fa affidamento su quelle che non sono così efficienti e questo è probabilmente uno dei motivi per cui c’è un calo nelle prestazioni”.

Harper si è dunque fatto l’idea che un’azione mirata nei cinque minuti che separano la fine dei secondi 45 minuti di gioco dall’inizio dei tempi supplementari possa fare la differenza. Somministrando ai giocatori dell’accademia del Sunderland Association Football Club un gel di carboidrati in quel piccolo lasso di tempo, il ricercatore ha osservato un aumento della precisione del dribbling, ma in generale le prestazioni fisiche risultavano comunque diminuite. La strategia migliore potrebbe essere quella di rifocillare i giocatori nell’intervallo tra i due tempi oppure già durante il riscaldamento.

Insomma, il vaglio di nuove tattiche nutrizionali di gioco continua.

Via: Wired.it

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