Cambiamenti climatici: ecco le città più in pericolo

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(Foto via Pixabay)

Rio de Janeiro 35, Barcellona 30, Parigi 24, Venezia 21, Cape Town 20, Kinshasa 17, Calcutta 16. Potremmo continuare così, a snocciolare numeri, tanto più alti quanto sono maggiori i rischi ambientali che corrono le città in giro per il mondo a causa del clima. Ma in realtà la fotografia più eloquente è racchiusa, ancora una volta, in poche parole: nessuna città è al sicuro. I cambiamenti climatici mettono a rischio il pianeta ovunque. A ribadirlo questa volta è la Carbon Disclouse Project (Cdp), una ong che si occupa di raccogliere e rendere pubblici i dati relativi all’impatto ambientale di aziende e organizzazioni, ma anche città, al motto che non puoi gestire nulla se prima non lo misuri. E nel 2018 sono state più di 600 le città che hanno condiviso i loro dati con il Cdp. Oltre 500 di queste hanno riportato le loro possibilità in materia di disastri ambientali quali inondazioni, siccità e ondate di calore estremo. Ma meno della metà (il 46%) ha compiuto delle valutazioni per capire la vulnerabilità a questi eventi estremi e la loro capacità di adattamento.

A renderlo noto è il report “Cities at risk” della stessa Cdp, che mette insieme non solo una mappa globale delle città a rischio a causa di eventi estremi collegati ai cambiamenti climatici, ma che estrapola anche dati relativi a quelli che saranno gli impatti di questi eventi su aspetti sociali, quali migrazioni, servizi alla salute o all’igiene. “I cambiamenti climatici, se lasciati senza controllo, annulleranno molti dei benefici economici e sociali guadagnati dalle città negli ultimi anni – ha commentato Kyra Appleby, global director, Cities, States and Regions del Cdp – E’ fondamentale che le città sviluppino resilienza e proteggano i loro cittadini dagli impatti dei cambiamenti climatici che si stanno intensificando”. Solo misurando la loro vulnerabilità, ha continuato Appleby, le città potranno essere pronte ad affrontare la sfida dei cambiamenti climatici.

Le città più a rischio

Che pesano, come dicevamo, un po’ ovunque nel mondo a leggere la mappa elaborata dal Cdp (qui quella interattiva e completa), che mostra gli indici di rischio collegati al clima riferiti per ogni città, con pallini tanto più scuri quanto maggiore è il rischio (la grandezza invece si riferisce alla popolazione). I numeri riportati a fianco di ogni città si riferiscono a un indice ottenuto moltiplicando il numero di eventi climatici rischiosi per la loro severità, misurata su una scala con una severità variabile da uno a tre. Così, per esempio, guidano la classifica delle città Rio de Janeiro, Barcellona, Torréon, Calgary e Sydney (tutti con indici variabili da 27 a 35). Per l’Italia – reduce in questi giorni da nubifragi ed esondazioni al Nord – sono rappresentate le città di Roma, Venezia, Torino e Bologna, con le prime due come quelle con gli indici di rischio più elevati (rispettivamente 13 e 21), in pericolo a causa di tempeste, ondate di calore, inondazioni, alluvioni, frane e fenomeni di subsidenza. Rischi comuni alla maggior parte delle città prese in esame, cui possono aggiungersi, a seconda delle località, i danni causati dai venti estremi, dai cicloni, dagli incendi, dalle malattie trasmesse da vettori o infestazioni.

(Foto: “Cities at risk”-CDP)

I rischi sociali

A fare le spese del clima che cambia, e degli eventi estremi collegati, sarà anche ovviamente anche tuta la società. Con effetti più o meno diretti su lavoro, salute, migrazioni e conflitti. E secondo quanto riportato dall’analisi del Cdp i cambiamenti climatici e gli eventi ambientali collegati finiranno per colpire di più le popolazioni già vulnerabili, comporteranno un aumento di richieste per i servizi pubblici, ma modificheranno anche le migrazioni gli spostamenti delle popolazioni e faranno aumentare conflitti e criminalità, nonché le malattie.

(Foto: “Cities at risk”-CDP)

Timori tutt’altro che campati in aria: l’aumento delle temperature infatti è destinato ad aumentare le zone di diffusione di virus, batteri, nonché di vettori veicolo di patogeni, e così malattie correlate, come ebola. E solo pochi mesi fa, in materia di conflitti, uno studio pubblicato su Nature, mostrava come un aumento, nel peggiore degli scenari possibili, di 4°C potrebbe far impennare del 26% la probabilità di rischio di un conflitto. Gli impatti sulla salute sono quelli più temuti nel breve termine a causa dei cambiamenti climatici.

(Foto: “Cities at risk”-CDP)

Più preparati contro inondazioni che siccità

Ma nella maggior parte dei casi, sottolineano dai Cdp, si tratta di una percezione di rischio riferita nell’immediato e nel breve termine, mentre solo con “una chiara conoscenza dei rischi a lungo termine le città possono pianificare infrastrutture e servizi nel modo adeguato”, ricordano. E al momento, mettendo insieme i dati circa le azioni implementate per proteggersi dagli eventi avversi, le città sembrano più preparate a fare i conti con le inondazioni, meno con gli effetti dovuti a ondate di calore estremo e siccità.

(Foto: “Cities at risk”-CDP)

Via: Wired.it

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