Capire come funziona il cervello, per immagini

cervello
(Foto: Gerd Altmann da Pixabay)

Risalgono a poco più di cento anni i primi studi rivolti a localizzare nel cervello le diverse funzioni cognitive e fu il neurologo tedesco Korbinian Brodmann, nei primi anni del ‘900, ad individuare nel cervello umano ben quarantatré regioni distinte per spessore, densità e dimensione delle cellule nervose. Solo successivamente, però, si scoprì il preciso ruolo che ciascuna di esse aveva nella ricezione dei segnali visivi, uditivi, tattili o nella esecuzione di compiti motori. Queste idee hanno dato l’avvio a un incredibile sviluppo di scoperte, intuizioni e conferme, sostenute da un inimmaginabile sviluppo tecnologico, che permettono oggi di affacciarci con maggiore consapevolezza sulle complesse funzioni del nostro sistema nervoso.

Le 100 immagini del cervello riportate in questo volume ci permettono di ripercorrere la storia delle neuroscienze e di affacciarci su quello che ancora non si riesce a capire e a controllare, in particolare sullo sviluppo delle malattie neurodegenerative. A partire dai lavori del neuroscienziato francese J.P. Changeux del 1985, si possono adesso creare al computer modelli matematici che simulano i modi in cui i circuiti di neuroni modificano le loro connessioni, per esempio con l’apprendimento. Attraverso l’imaging cerebrale e l’elettroencefalografia si sono recentemente sviluppati studi sullo sviluppo cognitivo, riuscendo a visualizzare e a implementare funzioni come la rappresentazione di concetti, la memoria di lavoro, la presa di decisioni o il ragionamento.

In questo volume, a ogni pagina che descrive una nuova scoperta o un aspetto problematico nella comprensione del sistema nervoso, il neuroscienziato cognitivo Dehaene accompagna una immagine, una illustrazione o una visualizzazione grafica che permette di comprendere meglio il problema in esame. Impariamo così a distinguere le rappresentazioni del cervello a riposo da quelle in cui le varie zone vengono attivate: la grafica ci aiuta a riconoscere la localizzazione delle diverse funzioni, a confrontare i diversi livelli di stimolazione, lo sviluppo embrionale e lo sviluppo evolutivo nel confronto con altre specie. Per esempio, è possibile visualizzare le aree del linguaggio che si “colorano” quando anche bambini molto piccoli ascoltano delle frasi; la produzione del linguaggio umano è controllata, in particolare, da una regione indicata come area di Broca, molto sviluppata ed asimmetrica, data la prevalenza linguistica dell’emisfero destro. Nei primati esiste una zona corrispondente alla area di Broca, con una estensione molto ridotta e miniaturizzata: questa controlla i gesti della bocca e delle mani, cioè forme di comunicazione diverse dalla parola.

Attraverso la mappatura delle diverse funzioni cerebrali, le tecniche di neuroimaging permettono di gettare uno sguardo sui comportamenti cognitivi, sul ruolo dell’esperienza nell’apprendimento, sulle operazioni mentali astratte. Cosa succede nel cervello quando ci si accorge di avere sbagliato o quando si corregge da soli un proprio errore? E come cambia il cervello nel tempo dell’apprendimento scolastico? Come si possono fisiologicamente riorganizzare i circuiti cerebrali lesi, o addirittura attivarne altri che ne rimpiazzano le funzioni?

Abbandonando le tradizionali dissezioni effettuate post mortem le conoscenze del cervello umano si ottengono ormai in vivo, in situazioni dinamiche che visualizzano le diverse “attività”: la manipolazione genetica permette di esplorare in fluorescenza proteine neuronali che appaiono diversamente colorate nei loro funzionamenti. Le “farfalle dell’anima” si illuminano così come un vero arcobaleno. Database informatici raccolgono le diverse informazioni sulla morfologia, fisiologia e attività cognitive e lo Human Connectome Project ha creato nel 2016 la mappa più completa delle differenti aree della corteccia studiando, appunto, le loro connessioni, cioè le origini e la direzione dei segnali che vengono trasmessi in ingresso e in uscita tra i neuroni. La tecnologia che permette questi studi è la MRI di diffusione, ma nella corteccia risiedono circa 86 miliardi di neuroni e le loro sinapsi sono quindi milioni di miliardi: è ancora estremamente difficile seguirne gli intrecci. Inoltre, le variazioni individuali sono molto significative, dimensioni e velocità delle connessioni dipendono anche dalle storie individuali e le standardizzazioni sono spesso arbitrarie. Tuttavia i primi passi sono stati fatti, e le immagini di Dehaene lo dimostrano; con l’aiuto di potenti algoritmi i ricercatori hanno ricostruito anche visivamente dendriti, assoni e sinapsi di qualche centinaio di neuroni. Il resto verrà in seguito.

Nello sviluppo del cervello la genetica svolge un ruolo importante ma, per esempio, non è stato identificato ancora nessun gene associato con certezza alla matematica anche se, in un centinaio di bambini, è stato studiato l’impatto di una decina di geni apparentemente responsabili di disturbi cognitivi nel campo dei numeri e dello spazio. Fin nel neonato l’emisfero destro si accende quando sono in gioco numeri o operazioni matematiche; ma si vede nel tempo che gli effetti genetici sono inestricabilmente legati a quelli dell’istruzione, ed è questa che comunque prevale nello sviluppo cognitivo durante la crescita. La specie umana è una specie neotenica, ha cioè una giovinezza estremamente lunga e uno sviluppo cerebrale molto prolungato. Durante lo sviluppo la corteccia cerebrale si ripiega, si formano solchi e rientranze che, nonostante il determinismo genetico, dipendono molto dalle casualità dello sviluppo e differiscono molto tra le singole persone, persino nei gemelli monozigoti. Se i vincoli genetici sono importanti, non sono totalmente determinanti e sulla nostra vita assume un grande rilievo l’impronta dell’ambiente e dell’educazione. Genetica e ambiente hanno determinato insieme lo sviluppo evolutivo della nostra specie, “facendo qualcosa di nuovo con qualcosa di vecchio, assegnando a regioni sostanzialmente immutate funzioni radicalmente differenti”. La plasticità cerebrale permette ad antiche strutture di svolgere nuove funzioni ma a volte si producono dei cambiamenti importanti: per esempio, lo sviluppo di una particolare regione della corteccia prefrontale ha reso possibile l’introspezione e la metacognizione, ossia la conoscenza delle nostre conoscenze. Per questo noi, e non i macachi, sappiamo di sapere e abbiamo fiducia nelle nostre conoscenze, mentre siamo consapevoli di alcune nostre lacune, cioè sappiamo di non sapere. Anche se ancora non comprendiamo come gli esseri umani usino le parole combinandole, le immagini di Dehaene ci mostrano i circuiti che collegano sinergicamente le regioni frontali e temporali, facendoci comprendere come la singolarità del cervello umano risieda nella sua organizzazione. Le connessioni nervose (il connettoma) possono dunque raccogliere e ricombinare informazioni, decodificare e ricomporre immagini, analizzare e sintetizzare l’esperienza, ed è possibile esplorare tali collegamenti sia a livello esperienziale (macro) quanto a livelli cellulari e molecolari. Inoltre, mediante la fMRI, si possono analizzare immagini subliminali, cioè non percepite in modo cosciente, che si riorganizzano rivelando e individuando le prime tracce della presa di coscienza.

Attraverso le ultime immagini, il libro presenta alcune delle più moderne tecnologie biomolecolari, la ricerca sugli organoidi (oggetti al confine della vita), e lo studio di neuroni artificiali. Le cellule che originano da una singola cellula staminale pluripotente si dividono e si differenziano spontaneamente per formare regioni cerebrali interconnesse, percorsi da onde elettriche che si coordinano in configurazioni regolari che ricordano quelle esistenti nel cervello i bambini prematuri.

L’impegno scientifico tende oggi a una comprensione della coscienza che, come sosteneva Changeux, “è probabilmente una funzione del cervello paragonabile alla respirazione o alla digestione”. E Dehaene conclude: i meccanismi della coscienza, oggi, sono ormai una questione sperimentale e teorica, la loro soluzione è sulla buona strada, e ne aspettiamo le importanti conseguenze nel mondo clinico.

Credits immagine: Gerd Altmann da Pixabay