Come avvicinare i cittadini alla politica e alla scienza

Fabrizio Rufo

Scienziati, politici, cittadini

Ediesse 2014, pp 169 – € 12,00

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E’ notizia recente il caso di una donna che ha abortito nel bagno di un ospedale in cui i medici, che avrebbero dovuto procurare l’interruzione di gravidanza, erano “obiettori di coscienza”. E sono ormai quotidiani gli allarmi sull’inquinamento ambientale o le notizie sull’aumento di morti per tumore nelle vicinanze di grandi complessi industriali italiane come l’Ilva di Taranto o la centrale di Vada. Accanto a questi dati di fatto, si riscontra il disamore per la politica da parte dei cittadini italiani e la loro documentata ignoranza scientifica. In questa situazione il libro di Rufo, che fin dal titolo vuole mettere insieme “scienziati, politici, cittadini” appare come un manualetto di possibilità irrealizzate, un elenco “didattico” che non tiene conto della quasi inesistente interazione tra le tre categorie a cui vuole fare riferimento.

Certo è importante che nei corsi  universitari di  Bioetica, di cui Rufo è docente alla Sapienza di Roma, si sviluppi una riflessione sui problemi etici che accompagnano le scelte umane, e proprio i casi citati dimostrano quanto sarebbe necessaria una partecipazione dei cittadini per prevenirli ed evitarli.  Il libro però si limita ad esporre o ad elencare varie problematiche senza riuscire a stimolare alcuna possibilità di soluzione. Questo potrebbe forse  ulteriormente allontanare i cittadini (come da titolo) sia dalla politica che dalla scienza, visto che  proprio la relazione tra le tre componenti appare assai difficile da realizzare e, quindi, piuttosto utopica. 

Rufo descrive come la bioetica dovrebbe accompagnare vari momenti dell’esistenza: l’inizio della vita e la procreazione, la cura di alcune malattie, la fine della vita.  Ma il contrasto tra differenti concezioni deontologiche che interpretano diversamente casi problematici è spesso politicamente irrisolto e, nel concreto, mancano le possibilità di abortire con dignità o di evitare le interferenze religiose quando qualcuno desidera sottrarsi all’accanimento terapeutico.

I progressi tecnologici e scientifici nel campo delle neuroscienze hanno sviluppato interpretazioni interessanti su differenti aspetti della vita psichica e sulla continua trasformazione delle architetture neurali che sostengono le umane capacità cognitive. Proprio la neuroetica si interroga sui problemi morali che emergono inevitabilmente dalle nuove conoscenze e riflette su categorie fondative come l’identità e il concetto di persona. Le spiegazioni esaustive, tuttavia, sono ancora estremamente lontane e, soprattutto, le prassi quotidiane non tengono in gran conto le elaborazioni teoriche.

La politica della salute è un tema estremamente attuale, rilevante dal punto di vista scientifico e politico ma, soprattutto, economico come insegnano i tentativi di  riforma proposti da Obama negli Stati Uniti. La biopolitica elabora teorie sul diritto alla salute, sulla ricerca di una più elevata qualità di vita, sui rapporti medico-paziente nelle moderne definizioni di malattia e nelle nuove terapie messe in atto in strutture pubbliche e private. Altri temi riguardano le previsioni sul futuro dell’umanità sul pianeta, l’esauribilità delle risorse energetiche fondate sul petrolio, la depredazione delle risorse naturali e la diseguaglianza sociale tra paesi ricchi e poveri: in questo scenario la questione ambientale assume fondamentale importanza e i cittadini dovrebbero prendere posizioni informate e consapevoli. Economia, scienza e cultura sono strettamente implicate nelle proposte di misure specifiche che potrebbero prevenire danni futuri ma, anche in questo campo, la riflessione teorica si scontra con interessi ben concreti che condizionano scelte e modi di vivere politicamente stabilizzati.

Il libro si conclude esplicitando il conflitto tra mentalità scientifica e pensiero irrazionale. Quest’ultimo, nota Rufo, assume connotazioni prevalenti suggerite dalla “incapacità della scienza di eliminare l’angoscia esistenziale degli esseri umani e di risolvere i vari problemi sociali”.  Una maggiore comprensione reciproca tra scienza e società, una presa di coscienza dei benefici dipendenti dalle conquiste della scienza e della tecnologia, un impegno etico a contrastarne le derive dannose,  potrebbero costruire una cittadinanza più attiva e consapevole. Per raggiungere risultati di questo genere, però, sarebbe necessaria una assai più efficace diffusione della cultura scientifica e una minore dipendenza  della ricerca dai vincoli che la  condizionano e la legano al mondo economico industriale e politico. La costruzione di una società della conoscenza, che Rufo considera la “posta in gioco”  per un possibile cambiamento della cultura e della democrazia sembra essere, a tutt’oggi, parecchio lontana.

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