“Conan il batterio” può sopravvivere su Marte

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Radiazioni, escursioni termiche, microgravità: l’ambiente marziano non è certo accogliente per la vita, e chissà quando e con quali tecnologie l’umanità potrà un giorno renderlo abitabile, aprendo la strada alla colonizzazione di Marte. Ma per una minuscola forma di vita terrestre l’impresa si è rivelata tutt’altro che proibitiva: il batterio Deinococcus radiodurans, la cui “leggendaria” resistenza alle radiazioni gli è valsa il soprannome di “Conan il batterio“. Protagonista di uno degli esperimenti della missione giapponese Tanpopo del 2015, il baldo microorganismo è sopravvissuto un anno intero in un ambiente di tipo marziano, senza per giunta riportare danni. E avrebbe potuto fare ancor meglio, scrivono gli scienziati che su Microbiome riportano i risultati dell’esperimento.

Caccia ai semi della vita

Tanpopo è il nome giapponese della pianta comunemente chiamata “soffione”, che diffonde i propri semi molto lontano, affidandoli al vento. Scopo della missione era, infatti, quello di testare la panspermia, l’ipotesi che le forme di vita più semplici possano diffondersi in tutto l’universo trasportate da corpi celesti come asteroidi o comete, per svilupparsi ovunque trovino condizioni favorevoli. La ricerca ha quindi preso le mosse da uno dei pianeti più prossimi al nostro, Marte, mettendo alla prova il Deinococcus radiodurans, celebre per la sua resistenza alle radiazioni.

Disidratati e trasportati dalla SpaceX Dragon sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) nel 2015, i batteri Deinococcus radiodurans sono stati alloggiati all’esterno, in condizioni che simulavano quelle dell’atmosfera di Marte, che assorbe radiazioni che vanno dai 100 ai 280 nm. Così, protetti da un involucro di diossido di silicio in grado di filtrare le radiazioni di lunghezza d’onda maggiore di 200 nm, sono rimasti per un anno, fino a quando la SpaceX Dragon C11 li ha riportati a terra per farli analizzare da un team internazionale di scienziati guidati dall’Università di Vienna.

Un batterio da Guiness

Non è un caso che per l’esperimento di Tapopo sia stato scelto il Deinococcus radiodurans, il cui nome scientifico in italiano suona come “Strano cocco resistente alle radiazioni”. A darglielo, oltre 50 anni fa, fu lo scienziato Arthur Anderson, che mentre studiava le tecniche di sterilizzazione del cibo in scatola lo isolò come ceppo resistente a tutte le irradiazioni. Da qui il soprannome di “Conan il batterio”, in analogia con “Conan il barbaro” – il protagonista della celebre saga inventata da Robert Erwin Howard.

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Una tetrade di Deinococcus radiodurans al microscopio elettronico. Credit: TEM of D. radiodurans acquired in the laboratory of Michael Daly, Uniformed Services University, Bethesda, MD, USA.

Registrato nel Guinnes dei primati come forma di vita più resistente alle radiazioni del mondo, D. radiodurans misura tra gli 1,5 e i 3,5 μm, si trova in una forma di tetrade (una formazione costituita da quattro cellule), ed è di tipo aerobio, cioè usa l’ossigeno per ricavare l’energia di cui ha bisogno per vivere. La sua particolare resistenza è dovuta a una serie di caratteristiche strutturali e metaboliche, tali per cui, quando si trova in apparente difficoltà, Conan il batterio diventa invincibile.

Un anno su Marte

I ricercatori, insomma, hanno scelto per l’esperimento la forma di vita terrestre con più chance di farcela. Ma i risultati sono stati comunque sbalorditivi: dopo aver trascorso un anno in condizioni così estreme, le cellule di Deinococcus radiodurans non hanno subito nessun danno strutturale.

Gli scienziati hanno messo a confronto un campione di batteri che aveva volato nello spazio con uno rimasto a terra, e le differenze erano davvero minime. Qualcuna delle cellule sottoposte a radiazioni marziane non ce l’aveva fatta ma la stragrande maggioranza era sopravvissuta indenne. In particolare, questi batteri avevano attivato alcuni meccanismi di riparazione, aumentato la produzione di proteine e mRna, ed erano ricoperti da vescicole, la cui utilità non è del tutto nota. “Possono servire per aumentare la sopravvivenza cellulare e contenere proteine importanti per l’acquisizione di nutrienti, per il trasferimento del Dna e per il trasporto di tossine”, ipotizzano i ricercatori.


Biofluorescenza, un altro superpotere dei tardigradi contro gli ultravioletti


Conan il batterio, insomma, ha vinto un’altra sfida, resistendo non solo alle radiazioni, ma anche al vuoto estremo, alle fluttuazioni di temperatura, all’essiccazione, al congelamento e alla microgravità. A questo punto, nulla gli fa paura, nemmeno l’atmosfera di Marte. E forse sarà lui ad aprire la strada per la conquista terrestre del pianeta rosso.

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