Ebola nella Repubblica Democratica del Congo: è emergenza internazionale

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(Foto: World Bank Photo Collection/Flickr CC)

La seconda peggiore epidemia della storia di ebola è diventata un’emergenza internazionale di salute globale. “E’ tempo che il mondo ne prenda atto e di raddoppiare i nostri sforzi”, ha annunciato il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Perché, malgrado gli sforzi fatti finora, ebola nella Repubblica Democratica del Congo (DCR) non si ferma.

Ebola in DCR, la peggiore nella storia del paese

A destare particolare preoccupazione nei giorni scorsi è stato l’annuncio dell’arrivo della malattia presso Goma, con un caso segnalato nella città che conta due milioni di abitanti e pericolosamente vicina al confine col Rwanda (tutti i contatti sono però stati rintracciati e per loro sono state programmate le vaccinazioni). Solo un mese fa invece era stato l’arrivo di alcuni casi (di importanzione) di ebola in Uganda a generare timori. Ma a far paura sono i numeri registrati dall’inizio dell’epidemia, ormai un anno fa, nella Repubblica Democratica del Congo: oltre 1600 i morti, più di 2500 i casi, secondo quanto riprota l’ultimo bollettino dell’Oms. Dagli inizi di marzo la malattia sembra aver ripreso forza, con un aumento del numero di casi segnalati. Ma la situazione nel paese è critica da tempo, complicata dai conflitti e dal clima di diffidenza della popolazione locale. Così critica da rappresentare ormai un’emergenza.

Ebola un’emergenza di salute internazionale

Il riconoscimento di ebola come emergenza internazionale di salute pubblica da parte dell’Oms non vuole essere un giudizio su quanto è stato fatto finora, scrive l’International Health Regulations Emergency Committee. Si tratta piuttosto di “una misura che riconosce il possibile aumento regionale e nazionale del rischio e il bisogno di un’azione coordinata e intensificata per la sua gestione”. Un’azione per la quale lo stesso comitato ha stilato una serie di raccomandazioni, quali il rafforzamento della consapevolezza e partecipazione della popolazione; il potenziamento del controllo delle infezioni alle frontiere; l’ottimizzazione delle procedure di vaccinazione e del monitoraggio delle infezioni a livello ospedaliero; il miglioramento delle attività di sorveglianza per i casi di importazione nei paesi vicini. “In un contesto in cui il tracciamento dei contatti non è completamente efficace e tutte le persone colpite non vengono raggiunte, è necessario un approccio su larga scala per la prevenzione, questo significa un migliore accesso alla vaccinazione per la popolazione per ridurre la trasmissione”, ha dichiarato anche Joanne Liu, presidente internazionale di MSF.

Nessuna restrizione sui viaggi e gli scambi commerciali

Contro l’emergenza non c’è però nessun bisogno invece di restrizioni commerciali o di viaggio, ripetono gli esperti: “Si tratta di misure solitamente adottate sull’onda della paura e che non hanno basi scientifiche”. Anzi: bandi simili rischiano di peggiorare la situazione, spingendo i traffici di merci e persone verso i confini informali che non sono controllati.

“I segnali sono chiari: le persone continuano a morire nelle comunità, gli operatori sanitari sono ancora infetti e la trasmissione del virus continua – riprende Liu -“L’epidemia non è sotto controllo e abbiamo bisogno di un cambio di marcia: ma questo non dovrebbe riguardare la restrizione agli spostamenti o l’uso della coercizione sulla popolazione colpita. Le comunità e i pazienti devono essere al centro della risposta, devono essere partecipanti attivi”.

Credits immagine: World Bank Photo Collection/Flickr CC

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