Il clima è scritto negli oceani

Renzo Mosetti, Marina Silvestri
Da Okeanos a “El Niňo”
Bruno Mondadori 2008, pp. XIX + 169, euro 18,00

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Renzo Mosetti è oceanografo all’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS di Trieste, ed è erede ideale di quel gruppo di scienziati della Terra che tra i suoi ebbe i nomi di Francesco Vercelli, Antonio Marussi e Ferruccio Mosetti; Marina Silvestri è giornalista culturale e scientifica, e scrittrice affermata. Insieme hanno pubblicato questo bellissimo libro col sottotitolo: “Il contributo dell’oceanografia agli studi sul clima”. Il quale, però, fa torto a se stesso, perché tace di una parte (per me) di notevole importanza nell’economia del volume: quella che riguarda le soluzioni che gli esseri umani hanno immaginato, o detto, o scritto, per i problemi posti dal mondo delle acque, dai tempi del pensiero mitico a quelli, in genere più conosciuti, del pensiero filosofico e naturalistico, dall’antichità fino a poco più di un paio di secoli fa.

La parte che riguarda la visione attuale dei problemi relativi alle acque della Terra e i mezzi e i metodi per affrontarli basterebbe per un libro di divulgazione scientifica aggiornato e leggibile con piacere e interesse. E probabilmente non ci accorgeremmo di ciò che così verrebbe a mancare: la dimensione umana di quei problemi, quella dimensione che, invece, i miti e le storie più “scientifiche” che li seguirono, mostrano con chiara evidenza. E cioè che molti dei gravi temi ambientali che oggi investono l’umanità, non sono legati al nostro tempo, ma sono sempre stati presenti fin dai tempi più remoti della preistoria e tragicamente lungo tutto l’arco della storia. Nel libro di Mosetti e Silvestri, invece, questa parte di trattazione, non manca.

Protagonista è l’acqua, dunque – forse uscita dalla terra primordiale, forse arrivata dal cielo con le comete, che ha riempito oceani e mari -, fattore principale del clima terrestre ma anche indomabile causa di conseguenze disastrose per l’essere umano per fenomeni planetari ancora non del tutto compresi: mutamenti climatici, glaciazioni e deglaciazioni, alterazione delle correnti oceaniche, fenomeni di desertificazione, come quella preistorica del Mediterraneo, avvenuta per l’abbassamento dei livelli delle acque e la mancata “risorsa” atlantica, e viceversa l’invasione del Mar Nero, una volta lago d’acqua dolce, da parte del Mediterraneo, il disastro del terre-maremoto di Lisbona del 1755 che tanto influì sulla cultura europea. L’acqua che, benché non senza pericoli per la vita che in essa si svolge, interagisce con l’atmosfera e fa da calmiere per la quantità di anidride carbonica che in questa può essere presente.

Gli autori, con felicissima intesa, sono riusciti a fondere le parti tecniche e quelle storiche in un tutto unico, armonico, privo di salti di registro. Un motivo in più perché il volume, che mi auguro abbia molti lettori, risulti godibile anche da persone non solite ai libri di contenuto scientifico. Qui, oltre alla trattazione dei più rilevanti problemi scientifici e pratici posti dalle acque di cui oggi drammaticamente si occupano (e più o meno sinceramente si preoccupano) anche i governi di tutto il mondo, si potranno trovare, grazie all’impostazione originale del libro, autorevoli e convincenti argomenti per capire come in ogni tempo, ma oggi più che mai, della “cultura” fa parte non solo letteratura, musica e arti figurative (come si fa credere), ma anche quella scienza che (chissà perché) pur essendosi alienata un po’ della simpatia generale, certamente ha cambiato il volto del mondo, incidendo, tra l’altro, assai più di qualsiasi altro tipo di attività umana sui nostri pensieri e sui nostri costumi.

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