Emilio di Cristofaro e Paolo Trucco ( a cura di)Eco-efficienza. Metodologie, strumenti, casi di successoGuerini e associati, 2002pp. 476, euro 36,00Produttività e tutela ambientale sono conciliabili. Anzi, proprio l’industria e il mercato possono essere i laboratori principali per l’elaborazione delle soluzioni dei problemi ecologici del pianeta. E’ la filosofia dell’ “eco-efficienza”, parola coniata dal World business council for sustainable development per indicare l’insieme delle strategie volte a integrare l’efficienza della produzione con la minimizzazione dell’impatto ambientale. Strategie che vengono presentate criticamente in questo volume da esponenti del mondo imprenditoriale e di quello della ricerca. In conformità con spirito della collana di cui il testo fa parte (“Network”) che si propone di coordinare le risorse della scienza, dell’epistemologia e delle scienze umane, necessarie per la natura trans-disciplinare del management moderno.Il punto di riferimento è il concetto di sviluppo sostenibile, sintetizzato nella celebre definizione formulata nel 1987 dalla World commission on environment and development: “un modello di sviluppo che permette alle generazioni odierne di soddisfare i propri bisogni, senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i loro bisogni”. L’obiettivo, dunque, non è arrestare lo sviluppo, ma orientarlo in modo che non si esaurisca nell’arco di una generazione. Gli autori sottolineano che è il mercato stesso a imporre questo cambiamento di rotta: da una parte aumentano i costi delle risorse, dall’altra crescono le difficoltà di smaltimento dei rifiuti (basta pensare che gli Stati Uniti producono annualmente una quantità di rifiuti solidi e liquidi pari a circa il due per cento della massa terrestre). Ma, concretamente, qual è la formula per attivare il circolo virtuoso? Per il momento non esiste una “teoria” dell’eco-efficienza. Si tratta soprattutto di una “cultura empirica”. Nel corpo del libro vengono passate in rassegna le esperienze più significative in questo campo. Quello che le accomuna è il tentativo di emanciparsi dai vecchi approcci “end of pipe” (“fine della tubatura”), volti a ridurre l’impatto ambientale della produzione semplicemente diluendo o comprimendo le scorie, cioè trasformando una fonte di inquinamento in un’altra. Al contrario, passi avanti fondamentali sulla via dell’eco-efficienza si possono compiere tenendo presenti gli obiettivi “green” fin dal momento della progettazione del prodotto. Le aziende portate ad esempio utilizzano degli approcci detti “from cradle to grave” (dalla culla alla tomba), grazie ai quali si garantisce un alto livello di eco-compatibilità del prodotto per tutto il suo ciclo di vita, dalla produzione alla rottamazione. Ma anche prima della “nascita” del prodotto e dopo la sua “morte” si possono perseguire obiettivi di eco-efficienza. A un estremo, realizzando una “green supply chain” (catena di rifornimenti verde), cioè imponendo degli standard di eco-efficienza alle imprese dell’indotto che forniscono pezzi non lavorati, materie prime o energia; all’altro estremo, progettando per il “fine-vita”, ovvero pensando il prodotto in modo che possa essere riciclato in maniera ottimale. Le certificazioni ambientali e i Sistemi di gestione ambientale sono gli strumenti tecnici per gestire approcci di questo tipo. Ma i progressi non si possono limitare al piano organizzativo e progettuale. Miglioramenti tecnologici effettivi sono imprescindibili. In questo senso, un’esperienza straordinaria è quella dei networks industriali. Come quello del distretto di Kalundborg, in Danimarca, dove le imprese locali hanno realizzato una rete di scambi di materie seconde, scarti di produzione e forme residue di energia, incrementando l’efficienza dei singoli processi e riducendo le scorie e l’energia disperse. Una raffineria, una centrale termolelettrica, un’industria farmaceutica, un’azienda produttrice di prefabbricati, alcune aziende agricole e un allevamento di pesci si scambiano vapore in eccesso, acqua di raffreddamento, ceneri e gas residui, fanghi, eccetera. Realizzando un vero e proprio ecosistema industriale, costituito da componenti che vivono in simbiosi reciproca, come all’interno di una catena alimentare o di un organismo unitario. L’obiettivo è realizzare una rete ad “emissioni zero”, nella quale praticamente tutti gli scarti vengono riutilizzati. Questo esempio illustra una caratteristica fondamentale dell’eco-efficienza: “pensare verde” non è un costo, ma un investimento.