La mappa della biodiversità

Un gruppo di ricercatori dell’organizzazione americana Conservation International ha redatto l’elenco dei siti marini ad alto rischio di estinzione a causa delle attività umane. Ai primi dieci posti della lista, pubblicata questa settimana su Science, ci sono: Filippine; Golfo di Guinea; Isole della Sonda; Isole Mascarene Meridionali; Sud Africa Orientale; Oceano Indiano Settentrionale; Giappone Meridionale, Taiwan e Cina Meridionale; Isole di Capo Verde, Caraibi Occidentali; Mar Rosso e Golfo di Aden. Queste regioni rappresentano una frazione minuscola degli oceani mondiali (0,012 per cento), ma costituiscono il 16 per cento delle barriere coralline esistenti. E ospitano circa la metà di tutte le specie marine ad “habitat ristretto”, quelle cioè che vivono esclusivamente in quei dieci “punti caldi”. “Dobbiamo fare qualcosa al più presto”, afferma Callum Roberts, del Center for Applied Biodiversity Science di Conservation International e autore della ricerca, “altrimenti queste specie cominceranno a estinguersi, perché la distruzione degli habitat provoca una perdita di biodiversità. Il nostro studio può aiutare a mettere a punto una strategia per proteggere i luoghi dove la biodiversità si sta perdendo più rapidamente”. Secondo Roberts, inoltre, uno dei provvedimenti da prendere nell’immediato futuro è la creazione di riserve marine in cui la pesca sia assolutamente off-limits. Oltre alla pesca, sono sotto accusa l’agricoltura e la deforestazione, a seguito delle quali elevate quantità di sedimenti, sostanze nutrienti e inquinanti vengono scaricate nelle acque costiere, con conseguente danno per gli ecosistemi corallini. (f.n.)

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