Le balene del Mar Ligure

Il canto viene dalle profondità del Mar Ligure. E conferma quella che finora era solo un’ipotesi: un’intera popolazione di cetacei abita quella zona di Mediterraneo. Non vi transita, cioè, stagionalmente, ma qui si nutre e si riproduce. Decine di segnali, infatti, sono stati registrati dagli idrofoni sottomarini disposti dai ricercatori dell’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (Icram) a partire dallo scorso inverno. “Per anni s’è pensato che le balenottere ‘migrassero’ durante l’ estate nel nostro mare”, afferma Giuseppe Notarbartolo, presidente dell’Icram, “invece il monitoraggio acustico ha rivelato la loro presenza anche durante l’inverno”.

Le apparecchiature utilizzate per la ricerca – nata dalla collaborazione tra l’Icram e la Cornell University, negli Stati Uniti – sono simili a bolle di vetro. Al loro interno sono disposti dei computer dotati di microfoni in grado di registrare le bassissime frequenze emesse dai cetacei per comunicare. Ogni bolla arriva a coprire un raggio di circa dieci miglia. L’area monitorata dai ricercatori corrisponde in parte a quella individuata per il Santuario dei cetacei. Una zona di mare particolarmente ricca e pulita.

I risultati della ricerca sono stati esposti la scorsa settimana al II convegno nazionale delle scienze del mare, organizzato dal Consorzio nazionale interuniversitario per le scienze del mare (Conisma) al quale hanno partecipato buona parte dei ricercatori italiani del settore.”La scoperta è significativa per due aspetti: per sollecitare l’istituzione del santuario che consentirà di tutelare questo patrimonio e perché dimostra l’importanza degli studi di bioacustica subacquea per studiare il rapporto tra il comportamento dei cetacei e le attività umane potenzialmente dannose nei loro confronti”- ha raccontato a Galileo Giuseppe Notarbartolo.

In quale area si è rilevata la presenza stanziale delle balene?

“Si tratta della parte occidentale del Mar Ligure, che si affaccia sul mar di Corsica e il bacino provenzale. Si è sempre ritenuto che le balenottere comuni si aggregassero in questa zona per alimentarsi durante l’estate e che, durante l’inverno, la loro densità diminuisse. I microfoni disposti sul fondo del mare invece hanno smentito quest’ipotesi. Abbiamo effettuato il monitoraggio tra il settembre del 1998 e la primavera del 1999. A parte alcune interruzioni di qualche giorno per la manutenzione delle apparecchiature, le registrazioni sono state praticamente continue. Per la prossima campagna di (che durerà tre anni), utilizzeremo dieci apparecchi di nuova generazione con un’autonomia di quattro settimane consecutive”.

In sostanza che cosa hanno rilevato queste apparecchiature?

“Gli strumenti ci hanno consentito di registrare per la prima volta le vocalizzazioni delle balenottere comuni e di studiare, quindi la loro natura particolare. Adesso sappiamo che qusti ‘canti’ sono leggermente differenti da quelli delle balenottere dell’Atlantico. La quantità di vocalizzazioni, inoltre, ci ha dimostrato che la specie è presente nel Mar Ligure anche durante l’inverno. E questo conferma che si tratta di una popolazione autoctona, un’ipotesi già formulata sulla base di studi genetici”.

Il tipo di vocalizzazioni hanno a che fare con il sesso dei cetacei?

“Questo non lo possiamo affermare con certezza. Per esempio rimane ancora da verificare se il canto serva ad attirare la femmina durante il corteggiamento. Nelle megattere e nelle balene franche è così e probabilmente questo vale anche per le balenottere comuni italiane. Non conosciamo ancora qual’è la stagione riproduttiva nel Mediterraneo. Nell’oceano, le balenottere separano il momento riproduttivo, durante l’inverno ai tropici, dal momento alimentare, in estate alle altre latitudini. Nel mar Mediterraneo questo non è più necessario perché la specie vive in un habitat abbastanza simile in entrambe stagioni”.

Perché è importante questa scoperta?

“Perché serve a conoscere meglio l’ecologia di queste specie e a proporre misure efficaci di protezione. Questa, infatti, è una delle zone pelagiche più ricche del Mediterraneo. Le balenottere comuni sembrano alimentarsi di una singola specie di crostaceo, il krill. Per il momento, questa specie è abbondante tant’è che è alla base della catena alimentare dell’ecosistema del bacino corso-liguro-provenzale. Tuttavia, se cambiamenti climatici impercettibili (ai quali il Mediterraneo ha già dimostrato di essere sensibile) rendessero l’habitat meno favorevole a questo crostaceo, ci sarebbero gravi conseguenze su diverse specie marine. Al momento, ritengo che la balenottera comune desti meno preoccupazioni del capodoglio o del delfino, anche se resta una specie ecologicamente molto vulnerabile”.

Il santuario delle balene ne potrebbe favorire la tutela. A che punto sono i lavori per la sua istituzione?

“Il santuario sarà una realtà solo dopo che il parlamento italiano avrà ratificato la legge di adesione.Il Principato di Monaco e la Francia lo hanno già fatto. Nel nostro paese l’iter legislativo è in corso. All’interno del santuario ci sarà un comitato, che si dovrà coordinare con gli omologhi comitati francesi e monegaschi, che guiderà le attività di gestione (regolamentazione delle attività umane come il whale watching) e le attività di ricerca, educazione e sensibilizzazione”.

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