Migranti: la propaganda “cattiva” della nuova politica

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Credit: European Parliament/Flickr

“SIAMO in tempi di assedio e dobbiamo ricordarci che la violenza generata dall’isteria identitaria come è ‘accaduta’ nel passato può accadere nel futuro”. Parola di Benedetto Saraceno, psichiatra (basagliano di ferro, ricorda a chi gli chiede del suo lavoro), direttore per oltre 10 anni del dipartimento di salute mentale dell’Oms e oggi professore di Global Health all’Università di Lisbona. Tempi di assedio, sì, ma da parte di quelli che Saraceno ama definire “i cattivi”, ribaltando la narrativa del “buonismo” tanto cara a una certa cultura di governo. Un assedio alle istituzioni politiche, alla convivenza civile e al cuore degli italiani. Portato avanti da una nuova politica che trova nella violenza (verbale, sia chiaro) la sua chiave comunicativa, finendo per creare un clima di paranoia sociale che ha le vittime di sempre: minoranze, emarginati, diversi, migranti; unico, vero, problema dei nostri tempi. Riflessioni che Saraceno ha appena pubblicato in un libro: “Psicopolitica – Città salute migrazioni” (Derive Approdi, 2019), in cui forte dei suoi ideali, la cultura e l’esperienza di una vita come psichiatra ed esperto di politiche sanitarie internazionali, analizza i problemi che affronta il nostro Paese in questa inedita stagione politica, e riflette su come reagire per non accettare di arrendersi alla logica della cattiveria.

Professore, uno dei temi più attuali che affronta nel libro è quello della violenza, verbale e “virale”, che sta trovando sempre spazio nella politica italiana. Dove crede abbia origine?

“Penso che sia legata a una grave crisi del concetto rappresentanza politica. Tradizionalmente si votava un leader o un partito nella speranza che rappresentasse le nostre idee meglio di quanto potremmo fare da noi. Si cercava insomma una rappresentazione ideale di quello che abbiamo nella nostra mente. Oggi questo concetto di rappresentanza è entrato in crisi, anzi viene letta come una violazione del diritto di espressione del singolo. Ci esprimiamo costantemente su Twitter, o su Facebook, e rifiutiamo un intermediario perché vogliamo dire direttamente quello che pensiamo, anche quando ci troviamo a farlo con mezzi espressivi limitati. E in questa nuova situazione il politico diventa lo specchio della violenza che esprime la società, legge la brutalità che esterniamo su Facebook e ce la rimanda, in un crescendo che alla lunga uniforma le nostre abitudini a quelle della parte peggiore della popolazione, e contribuisce alla costruzione artificiale di un clima sociale difensivo e paranoico”.

Con quali conseguenze?

“Oggi questa forma di violenza la vediamo esprimere in tutta Europa nei confronti delle minoranze, da soggetti che ricoprono incarichi pubblici nel governo e nelle istituzioni. Fin troppo spesso viene tollerata, bollata come innocua perché puramente verbale, e invece contiene i prodromi delle peggiori tragedie accadute nella storia del nostro continente. È passato da poco il Giorno della Memoria, ed è un’occasione per ricordare che comportamenti che paiono così inumani da risultare incomprensibili non “accaddero” improvvisamente, per un imprevedibile concorso di circostanze, ma accadono piuttosto attraverso una progressiva e sistematica costruzione di pregiudizi, falsità storiche, stigmatizzazioni, promozione della paura. Un uso ripetuto e sistematico della violenza verso una o più minoranze, che, al principio, è “solo” verbale. La narrativa dilagante che concentra l’attenzione sulle violenze, vere o presunte, degli emarginati, degli immigrati, è un modo, pericoloso, per creare consenso. In questo modo la violenza di chi dovrebbe governare con responsabilità e saggezza si trasforma in una potente macchina di propaganda”.

È così che nasce l’idea di un’Italia e un’Europa assediate dai migranti?

“Le migrazioni e le difficoltà di convivenza e integrazione sono un fenomeno sociale esistente, ma che si presta a essere strumentalizzato. Per un’entità politica di 500 milioni di abitanti, come l’Europa, è possibile definire emergenza l’arrivo di una popolazione che rappresenta meno dell’1% di quella residente? A guardare i numeri è evidente che l’allarme immigrazione non è basato su informazioni attendibili, quanto su paure, fantasmi e autentiche falsità. Un buon esempio è il luogo comune del migrante che porta le malattie, a sostegno del quale non esiste nessun dato epidemiologico reale. Piuttosto, a guardare il recente rapporto dell’Oms sulla salute degli immigrati nella regione europea quello che emerge è l’opposto: è la salute di chi raggiunge l’Europa a essere in pericolo. È evidente che essendo più poveri gli immigrati sono esposti a uno stress maggiore, fisico e psichico, sono più malati e vulnerabili. E infatti nella loro condizione di emarginati, con scarso accesso ai sistemi sanitari, i migranti hanno una maggiore incidenza di malattie infettive contratte in Europa, e di patologie croniche come il diabete. Allo stesso modo, le statistiche ci dicono che con l’arrivo dei migranti non aumentano i crimini. E invece, come accadeva con i matti ai tempi di Basaglia, basta un singolo caso, un incidente, e tutti gli immigrati diventano potenziali criminali. Si tratta di una strategia consapevole, un’idea ossessiva sfruttata da chi vuole allontanare la percezione delle persone dai problemi reali di questo periodo storico, come l’impoverimento, i diritti negati…”.

In tutto ciò, non si parla mai di cosa spinge queste persone verso le nostre coste.
“Si parla moltissimo della differenza tra migranti economici e rifugiati, come se gli effetti di una guerra si fermassero lungo un confine. O come se non si fuggisse anche dalla miseria e dalla povertà, come hanno fatto a loro tempo milioni di emigranti italiani. Nella realtà gli effetti di una catastrofe contagiano tutte le aree limitrofe, soprattutto nel caso di un tipo di rifugiati di cui si sente parlare pochissimo, ma che è sempre più preponderante: i migranti ambientali, persone che scappano da siccità e carestie causate dai cambiamenti climatici di cui i paesi ad alto reddito sono i primi artefici. Quello che è evidente, insomma, è che i migranti vengono da percorsi terribili, e che oggi questa dimensione umana non è più moneta di scambio. Ormai si chiama buonismo la semplice decenza umana, in nome di una cattiveria che rischia di trasformarsi in pensiero dominante. E si sentono ripetere, anche dall’interno delle istituzioni, affermazioni assurde come il famoso “aiutiamoli a casa loro”, come se bastassero poche lire per risolvere i problemi di un continente complesso come quello africano”.

Credit immagine: European Parliament/Flickr

4 Commenti

  1. Parlando del tasso di criminalita’ degli immigrati clandestini, si parla del “singolo caso”.
    Forse il medico non sa che quasi la meta’ dei detenuti in Italia sono extracomunitari per spaccio, stupro, violenze e furti.
    E gli extracomunitari in Italia non sono certo la meta’ della popolazione.
    E’ normale che chi entra di prepotenza in un’altro paese non si ponga gran che il problema di essere o no onesto.
    Le sinistre ripropongono il mito ottocentesco del “buon selvaggio”: cultura tribale primitiva, ma tanto buono e gentile.
    Purtroppo, non e’ per niente cosi’.

  2. I migranti devono essere gestiti in primis dai loro stati e dai loro genitori, che avrebbero fatto meglio a procreare più responsabilmente.
    Non è compito degli italiani risolvere i problemi di ulteriori immigrati, dal momento che ce ne sono già troppi. Gli italiani sono poveri e sottopagati. I servizi pubblici sono carenti da ogni punto di vista e non vedo perché dovremmo allocare le nostre scarsissime risorse per gli immigrati illegali e clandestini.

    • Quindi lei è convinta che se domani tutti gli immigrati tornassero nei loro paesi, il degrado delle istitutioni politiche e sociali in Italia si ribalterebbe ?
      Se domani tutti gli immigrati tornassero nei loro paesi, gli italiani ritornerebbero a essere ricchi e pagati la giusta cifra ? I servizi pubblici smetterebbero di essere carenti ?
      Gli immigrati regolari et gli immigrati che regolarizzano il loro status rappresentano forza lavoro che contribuisce a pagare le pensioni dei nostri nonni italiani e i servizi di cui lei parla…

  3. Gli immigrati sono persone a tutti gli effetti, anche se non lavorano. Non è che lo sono di più se lavorano, ma non lo sono se rubano, spacciano, insultano i disabili e le persone anziane, fragili. Io penso, da cittadina responsabile di far parte di quella schiera del Popolo che non rimane indifferente. Proprio ieri ad una radio cattolica e benpensante ho sentito pronunciare una bestemmia in diretta contro chi si affida e ne ha giovamento alla preghiera del Rosario. Anche io la recito, sono italiana, mi sento europea, ero cieca e sorda ora ci vedo e un pochino sto in piedi. C’è una crisi giovanile che parte dal sovranismo e dal giovanilismo. Togliamo gli “ismi” e proviamo a credere di più in noi e nella forza del bene che possiamo dare agli altri. Il mio non sarà un miracolo ma ora lavoro e difendo con ogni mezzo i deboli, le cose giuste e dico la mia parlando a voce spedita. Grazie.

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