Nell’Alzheimer uomini e donne non sono uguali

I cervelli degli uomini e delle donne non sono uguali, li distinguono caratteristiche funzionali e morfologiche che hanno importanti conseguenze sulle facoltà cognitive e sul comportamento. Una ulteriore conferma arriva dai dati preliminari di uno studio dell’Associazione per lo Studio delle Demenze (SinDem), che mostra alcune differenze di genere nel modo in cui progredisce il mordo di Alzheimer. Gli uomini infatti sarebbero più soggetti a demenza vascolare, mentre nel gentil sesso, soprattutto dopo i 90 anni, è più comune la demenza legata a degenerazione neurale. Le donne però mantengono una maggiore autonomia nella vita quotidiana anche in stati avanzati della malattia e che le aiuta a rallentare la disabilità.

Lo ha raccontato a Galileo Carla Pettenati, responsabile del centro regionale per l’Alzheimer dell’ospedale Giuseppe Casati di Passirana, che ha presentato i dati dello studio durante il congresso annuale della Società Italiana di Neurologia (Sin)

Dottoressa Pettenati, in che modo l’Alzheimer è diverso nei due sessi?

“Inizialmente sembrava che le femmine fossero più a rischio di sviluppare neurodegenerazione, ma si è poi capito che gran parte di questo effetto dipende dalla longevità. La donna vive più a lungo, e visto che l’età è il maggiore fattore di rischio per la neurodegenerazione questo falsa un po’ il quadro. Comunque quello che abbiamo osservato è che i maschi sono più esposti a demenza vascolare e le femmine alle forme degenerative, ma solo dopo i 90 anni. Poi abbiamo valutato come questo cervello – che ha alcune sezioni maggiormente rappresentate nei maschi e alcune nelle femmine – reagiva all’invecchiamento e come avveniva la degenerazione. Qui un dato importante è il livello culturale, che è uno dei maggiori fattori protettivi contro la neurodegenerazione”.

In che senso il livello culturale influenza il progredire della malattia?

“Molto grossolanamente, la casistica – riferita a questa generazione e ovviamente cambierà nelle prossime – mostra che i maschi sono abitualmente lievemente più acculturati. Le femmine però nel quotidiano, anche in presenza di degenerazione, si mantengono più attive. Tutte le donne infatti eseguono lavori domestici e accudiscono la casa e i figli. Ruoli che hanno assunto in genere molto presto e che hanno praticato a lungo, e quello che si è praticato per molto tempo è più consolidato, si fa più fatica a perderlo. Questo sembrerebbe aiutare le donne, rallentando il progredire della disabilità. Inoltre, a livello anatomico, sappiamo che le femmine hanno una migliore integrazione delle giunzioni frontoparietali, e quindi una maggiore quota di quella che potremmo chiamare ‘intelligenza pratica’ ”.

Da dove nascono queste differenze tra uomini e donne a livello cerebrale?

“Le ricerche più recenti sui primati hanno dimostrato che gli estrogeni e il testosterone, gli ormoni sessuali, hanno un’influenza diretta nel modellare, modulare, e orientare il cervello in epoca neonatale. Quindi si nasce sostanzialmente con questa ‘diversità cerebrale’, e si sa che questa influenza moltissimi aspetti della cognitività: la stessa modalità di elaborare le informazioni, le emozioni, ma anche il ricordo delle emozioni”.

Oltre quelle già citate, quali sono dunque le differenze cognitive e morfologiche più marcate nel cervello tra i due sessi?

“Oggi, per esempio, sappiamo quali aree sono maggiormente rappresentate nel cervello maschile e femminile, come il ginocchio del corpo calloso nelle donne e l’amigdala negli uomini. Anche le funzioni cognitive hanno differenze legate al genere. È noto infatti che nell’analisi visiva-spaziale il maschio valuta le distanze, la velocità, e la femmina invece i cosiddetti landmark, i punti di riferimento. Comunque si sta sempre più evidenziando come le abilità non siano diverse in modo tutto o nulla, quanto piuttosto nell’ambito di una stessa funzione vi sia più una predisposizione legata al sesso. Ecco allora che nella matematica, la meccanica delle operazioni facilita il maschio mentre il concetto e la semantica delle stesse agevolano la femmina. Vi è dunque una complementarietà, quasi come se si realizzasse l’unione degli opposti: a volte sembra che ci sia stato un unico cervello che a un certo punto è stato diviso tra uomini e donne. Si sa poi che anche alcune malattie, come la depressione, la schizofrenia o la sindrome da stress post traumatico, hanno aspetti gender specific”.

Per l’Alzheimer esistono delle indicazioni terapeutiche specifiche per i due sessi?

“La medicina di genere è un evento degli ultimi anni, e finora è stato un po’ tautologico. Chi parla della medicina di genere? Le donne. Comunque ci si sta avviando verso terapie modulate in maniera differente, per esempio si è visto che gli inibitori della colinesterasi – farmaci utilizzati nella cura dell’Alzheimer – sono maggiormente attivi in donne portatrici di un particolare assetto genetico, che è il wild type di una variante di un enzima cerebrale, il butirrilcolinesterasi. Però sostanzialmente siamo ancora ai primi passi”.

Credits immagine: redmondbarry/Flickr

1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here