Un muro simbolico fatto da scatole di carne di balena per impedire l’ingresso nell’ambasciata nipponica di Roma. Con questa singolare protesta ieri l’associazione ambientalista Greenpeace ha manifestato contro la caccia ai cetacei condotta dal Giappone. Che non li pesca a scopi scientifici, come dichiara ufficialmente, visto che la carne di balena finisce sistematicamente sui banchi dei supermercati e le tavole dei ristoranti. Durante la manifestazione poi, alcuni attivisti travestiti da diplomatici giapponesi si sono diretti verso l’ambasciata del Marocco, con valigette straripanti di yen. Il Marocco, infatti, è il Paese che più di altri ha beneficiato dei fondi stanziati dall’Agenzia per la Pesca giapponese per lo sviluppo del settore ittico. Ed è l’unico Paese del Mediterraneo ad aver appoggiato in seno alla Commissione Baleniera Internazionale (Iwc) la richiesta del Giappone di far riprendere il commercio delle balene su larga scala. Ma la protesta di Greenpeace non si è fermata a Roma. Gli attivisti hanno consegnato alle ambasciate nipponiche di tutto il mondo scatole, vuote ovviamente, di carne di balena. Identiche a quelle sbarcate dalla baleniera “Nisshin Maru”, tornata di recente dalla caccia di 440 balenottere nel mar Antartico. Lo scopo: mobilitare l’opinione pubblica in vista della Conferenza della Iwc che si svolgerà proprio in Giappone dal 20 al 25 maggio prossimi. (d.d.v.)