Categorie: AmbienteVita

Perché prede e predatori hanno occhi diversi?

Dalle fessure verticali dei gatti ai puntini tondi dei nostri occhi, le pupille degli animali possono assumere forme diverse. Ma da cosa dipende questa diversità? È tutta questione di sopravvivenza. Esiste infatti una evidente correlazione tra la forma delle pupille delle diverse specie terrestri e la nicchia ecologica a cui appartengono, ovvero il loro modo di vivere e il ruolo che assumono all’interno dell’ecosistema. A spiegarlo è uno studio, pubblicato su ScienceAdvances, che ha verificato come l’evoluzione delle forme delle pupille sia strettamente connessa all’essere un predatore (e alla modalità di caccia attuata), o una preda.

In studi precedenti sono state proposte molte soluzioni a questo interrogativo, ma il reale motivo per cui alcune specie abbiano pupille a fessure orizzontali, come per esempio le pecore, mentre altre le abbiano verticale è rimasto finora poco chiaro.  Analizzando più di 200 animali terrestri, Martin Banks e i suoi colleghi dell’Università della California di Berkeley, hanno quindi dimostrato che essere predatore o preda ha condotto l’evoluzione verso le diverse forme della pupilla.

Probabilmente i predatori che tendono agguati, e che quindi sono soliti nascondersi e gettarsi sulle loro prede, hanno pupille a fessura verticale per permettere loro di controllare meglio l’ingresso di luce e di stimare con precisione la distanza dalla preda. Invece gli animali con pupille orizzontali molto probabilmente sono spesso predati e tendono ad avere gli occhi sui lati della testa, creando così un ampio campo visivo che permette loro di vedere eventuali avvicinamenti da parte dei loro predatori. Infine le pupille circolari sembrano invece essere correlate all’altezza: ad esempio gli occhi umani sono troppo lontani dal suolo perché sia efficace il controllo della luce tipico delle fessure verticali e la vista panoramica caratteristica delle pupille orizzontali.

Più nel dettaglio, le pupille allungate verticalmente creano una profondità di campo astigmatica tale che le immagini dei profili verticali più vicine o più lontane rispetto alla distanza a cui l’occhio si concentra sono nitide, mentre le immagini di profili orizzontali a diverse distanze sono sfocate. Ciò è molto vantaggioso per i predatori che tendono agguati per usare la stereopsi, ovvero la localizzazione relativa degli oggetti visivi in profondità, e stimare così le distanze dei profili verticali, mentre il grado di sfocatura è utile per stimare le distanze di profili orizzontali. Le pupille allungate in orizzontale invece creano immagini nitide di profili orizzontali davanti e dietro, fornendo così una vista panoramica che facilita la rilevazione di predatori provenienti da varie direzioni.

Riferimenti: ScienceAdvances DOI: http://advances.sciencemag.org/content/1/7/e1500391

Credits immagine: Mary Crandall/Flickr CC

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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