Piano energia e clima 2030: Parigi può attendere

piano energia e clima 2030

“Altro che cambio di paradigma. Il piano del governo per il clima ha ben poco di innovativo”. Non nasconde la sua delusione il chimico Vincenzo Balzani di fronte al Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 (Pniec) presentato mercoledì dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa e dal vice premier Di Maio, in qualità di ministro dello Sviluppo economico. “Il piano”, dice Balzani, “ va nella stessa direzione indicata dal governo precedente”. E non è certo quella che migliaia di giovani in tutta Italia hanno chiesto partecipando lo scorso venerdì allo StrikeForFuture, lo sciopero per il clima portato avanti a oltranza dalla sedicenne svedese Greta Thundberg.

Proprio venerdì scorso, mentre in Italia centinaia di migliaia di studenti marciavano per il clima, Balzani e il gruppo Energia per l’Italia – composto da docenti e ricercatori – hanno pubblicato un documento di commento al Piano del governo. Sotto la lente d’ingrandimento degli scienziati le politiche dei prossimi dieci anni sui combustibili fossili, trasporti e fonti alternative. Vediamo quali sono le  principali critiche.

Decarbonizzare: basta la parola?

Il Piano del governo delinea la strategia per contrastare i cambiamenti climatici nel periodo 2021-2030, contemplando una progressiva decarbonizzazione e aumento dell’efficienza energetica. Un percorso di transizione che secondo il vicepremier Di Maio riflette “l’ambizione di indipendenza del nostro Paese dalle fonti fossili”. Ma questa ambizione appare decisamente modesta, si legge nel documento del gruppo Energia per l’Italia. Basti guardare la composizione del mix energetico per il 2030: pur aumentando dal 18% al 28%, la quota delle rinnovabili resterà inferiore a quella del petrolio (31%) e a quella del gas 37%, che rimarrà la stessa di oggi. E in effetti, per il 2040, il piano prevede che ancora il 65% dell’energia sia prodotto da combustibili fossili. “Ma nel 2050 secondo l’accordo di Parigi dovremmo scendere a zero!”, esclama Balzani: “Che razza di percorso di decarbonizzazione è?”.

Nessuna phase out da diesel e benzina

Altrettanto critico il giudizio sulle politiche dei trasporti. Un po’ come il ministro Toninelli, che promuove le auto elettriche ma poi acquista suv diesel, il piano del governo propone sostegni alla mobilità elettrica ma non stabilisce un tempistica per la phase out, vale a dire la graduale eliminazione delle auto a diesel e benzina in circolazione, come previsto da altri paesi. Entro il 2025, per esempio, veicoli diesel e benzina non circoleranno più in Norvegia, ed entro il 2040 nemmeno in Francia e Regno Unito. Inoltre, il Piano prevede che l’energia elettrica per i trasporti sarà prodotta ancora per il 40% dai combustibili fossili.

Il metano non ci dà una mano

Tra gli aspetti più criticati dal gruppo Energia per l’Italia c’è il ruolo assegnato al metano: “Tentano di farlo passare per il combustibile pulito che non è”, dice Balzani. Anche se a parità di energia prodotta questo gas è responsabile di emissioni di CO2 inferiori (del 24%) rispetto a benzina e gasolio, si legge nel documento, il metano è di per sé un un gas serra. Inoltre, studi recenti “indicano che il particolato prodotto dalla combustione del metano è, come massa, inferiore a quello prodotto dal gasolio, ma le particelle sono in numero superiore e più piccole, quindi potenzialmente più pericolose per la salute”.

Il metano, dunque, non sarebbe un credibile combustibile pulito, e l’intenzione del piano di promuovere lo sviluppo di una rete di distribuzione di Gas Naturale Liquefatto (GNL) per i mezzi pesanti sembra rispondere più agli “interessi nella ricerca ed estrazione di idrocarburi e nell’importazione di GNL”. Esattamente come il governo precedente, osservano gli autori del documento, “questo esecutivo vuol fare dell’Italia un hub del gas, un piano in cui rientra il completamento del TAP”.

Non solo: l’Eni – che, ricordiamo è una multinazionale controllata dallo stato italiano – sta investendo nelle raffinerie di biogas, come a Gela. Ma il biodiesel italiano è in larga misura fatto con olio di palma importato dai paesi equatoriali. Lo si legge proprio nel Piano del governo: il 50% del biocarburante distribuito in Italia nel 2017 è fatto con materia prima proveniente dall’Indonesia. “Tutto questo significa deforestare e trasportare”, osserva Balzani: “Ma le sembra sostenibile?”

1 commento

  1. Piano energia e clima. Parigi e le altre capitali non possono attendere perchè il pianeta si sta surriscaldando troppo. il piano che andrebbe attuato sarebbe il “pfahlg” o “General Plain for Health and Ability” per restaurare le piccole città nelle quali non piove da mesi e costruire, nelle grandi, infrastrutture legate non più ai gas ma alle energie rinnovabili come legno, mattoni senza malta che si ammuffisce, senza eternit e, nei paesi in via di sviluppo più o meno grande centrali idriche senza uso di plastiche e fossili di ogni tipo, ma passare tutti alla biologia natural free, libera da sostanze pericolose come oli infiammabili. L’olio di palma è da mangiare, in piccole quantità, non va mischiato ad altre sostanze per fare i motori, perchè se inalato porta alla morte istantanea di centinaia di persone. Sostituirlo nel caso con olio evo.

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