Inquinanti, dannosi per l’ambiente e per la salute umana, difficili da eliminare. Gli ftalati sono micro-inquinanti derivanti dalla produzione di materie plastiche come il Pvc, e impensieriscono gli esperti perché sono molto difficili da eliminare quando sono ormai dispersi nell’ambiente. Dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr arriva però una possibile soluzione: i pioppi, alberi piuttosto comuni, ma capaci di raccogliere e degradare queste sostanze con le proprie radici.
La scoperta arriva da una ricerca pubblicata sulla rivista Environmental Science and Pollution Research, che ha studiato gli effetti del diottilftalato (noto per i suoi effetti sul sistema endocrino e bandito in Europa in giocattoli e prodotti destinati ad utilizzo in ambienti chiusi) sul cultivar Populus alba Villafranca, il “pioppo bianco” italiano. Gli alberi sono stati cresciuti in una serra idroponica, e le radici sono state esposte al diottilftalato per verificarne gli effetti sulla salute della pianta.
Dopo 21 giorni i ricercatori hanno comparato le radici dei pioppi esposti alla sostanza inquinante con quelle di un gruppo di controllo, composto da piante cresciute senza entrare in contatto con gli ftalati. E hanno potuto constatare che i pioppi sono in grado di assorbire le sostanze inquinanti e di accumularle all’interno della pianta senza che queste li danneggino eccessivamente. Secondo gli autori dello studio, i risultati dimostrano che il pioppo potrebbe essere una specie adatta a ridurr l’impatto negativo derivato dalla persistenza degli ftalati nell’ambiente. Rappresentano inoltre un primo passo importante per approfondire il metabolismo e la degradazione di queste sostanze tossiche all’interno dei tessuti vegetali. E quindi per individuare altre specie di piante capaci di eliminare efficacemente gli ftalati dall’ambiente.
Riferimenti: Environmental Science and Pollution Research
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