Queste pietre riscrivono la preistoria?

Dall’Africa Orientale spuntano delle antichissime pietre lavorate che stanno confondendo non poco le idee ai paleoantropologi. Si tratta di utensili di manifattura avanzata e riferibili alla cosiddetta industria Acheuleana, ma datati ben 1,76 milioni di anni fa. Cioè molto prima – 300.000 anni circa – di quanto si pensasse fosse comparsa questa “cultura” attribuita finora all’Homo erectus. Il ritrovamento pone anche in discussione le teorie sulle traiettorie di migrazione di questa specie di ominide, precursore dell’uomo moderno ed estinta circa 70 mila anni fa.

La datazione degli strumenti rinvenuti a Kokiselei, in Kenya, suggerisce anche che l’ominide eretto possa non essere stato il primo, come si pensava precedentemente, ad arrivare in Eurasia dal continente africano, e che addirittura possa aver coesistito con il suo cugino più primitivo, l’Homo habilis. Lo studio, effettuato da ricercatori del Cnrs francese, della Seton Hall University e della Rutgers University, è stato pubblicato su Nature.

Gli utensili preistorici di cui si parla sono le classiche pietre levigate e appuntite, dalla forma a mandorla, che i paleontologi chiamano bifacciale o amigdala, per via del profilo allungato. Fino ad oggi i più antichi di questi arnesi, ritrovati in Africa, avevano un’età che si aggirava intorno a 1,4 milioni di anni; per questo, quando questi ultimi strumenti acheuleani sono stati datati quasi 1,8 milioni di anni, lo stupore di geologi e paleontologi è stato profondo. “Sospettavamo che il sito di Kokiselei fosse antico, ma sono rimasto spiazzato quando ho realizzato che la datazione geologica indicava che fosse il più antico mai scoperto”, ha commentato il coordinatore della ricerca Christopher Lepre, geologo sia alla Rutgers che al Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University.

Per stabilire l’età degli utensili ritrovati, gli studiosi hanno cercato di datare i sedimenti geologici che li circondavano. Antiche inondazioni nell’area avevano prodotto grandi quantità di limo e argilla che indurendosi avevano dato luogo a diversi strati di argillite. Questa roccia (detritica sedimentaria) contiene magnetite, un minerale dal cui studio si può risalire alla direzione che il campo magnetico della Terra – variabile nel tempo – aveva nel momento della solidificazione delle rocce. È stato proprio raffrontando i campioni prelevati dal sito con altri detriti conservati negli archivi, che gli scienziati sono arrivati alla datazione pubblicata nello studio su Nature.

Dopo la meraviglia per la scoperta, però, per i ricercatori è arrivata quella per alcune constatazioni particolari. Da questo ritrovamento infatti sembra emergere il fatto che 1,8 milioni di anni fa gli Homo erectus che vivevano in Africa avevano a disposizione degli utensili molto avanzati, mentre da altri rinvenimenti si osserva che la stessa specie, in Georgia, nello stesso periodo era ferma a un tipo di produzione di attrezzi molto meno evoluta (detta olduvaiana, nella quale la roccia veniva lavorata solo grezzamente). Inoltre, in una regione come quella di Kokiselei, in cui erano già stati recuperati anche altri fossili precedenti al periodo acheuleano, l’Homo erectus sembra aver coesistito con il suo cugino primitivo, l’Homo habilis.

Fino ad oggi si pensava che fosse stato l’H. erectus il primo ad arrivare in Eurasia, ma questo, alla luce del ritrovamento, pone una domanda: perché questa specie non avrebbe portato con sé la tecnologia più evoluta, sviluppata in Africa?

Secondo gli autori dello studio sono due le possibili risposte. La prima: l’erectus, che è da sempre ritenuto dagli studiosi il più “pronto” alla migrazione da un punto di vista evolutivo, sia stato in realtà preceduto nel suo viaggio dall’habilis o da qualche altra specie. Secondo questa teoria, sarebbero stati proprio questi ultimi a portare in Georgia gli utensili di fattura olduvaiana, mentre gli ominidi più evoluti avrebbero portato i loro strumenti in Eurasia solo successivamente.

La seconda possibilità è che l’Homo erectus abbia perduto la tecnologia acheuleana durante la sua migrazione verso l’area mediterranea, prima di arrivare nell’area transcaucasica. Ma questa ipotesi, secondo gli studiosi, è meno probabile. In effetti è difficile pensare che degli strumenti come le bifacciali, che in futuro sarebbero stati così utili a questi ominidi, possano essere stati dimenticati durante il trasloco.

Riferimento: doi:10.1038/nature10372

1 commento

  1. Ci possono essere tante spiegazioni e di sicuro ci vogliono altre scoperte di conferma o di smentita. Può essere una convergenza culturale e non sarebbe la prima.
    Riguardo alle migrazioni di habilis in Europa, non ci vedrei niente di strano o impossibile.

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