Segni vitali

The Worldwatch InstituteVital signs 2005W.W. Norton & Company, 2005pp.139, euro 16,00L’economia mondiale va a gonfie vele. Gli esseri umani consumano più cibo, beni materiali e risorse naturali rispetto al passato. Con conseguenze devastanti, però, per l’ambiente e la biodiversità. A tracciare questo quadro è l’ultima edizione di “Vital Signs”, rapporto del gruppo di ricerca statunitense Warldwatch Institute che fa il punto sulle tendenze economiche, sociali ed ecologiche del pianeta. Secondo il volume la forte crescita economica del 2004 vede grande protagonista la Cina, “forza globale che detta i consumi e la produzione di tutti i beni materiali”. La produzione cinese di acciaio, infatti, è cresciuta di un terzo negli ultimi cinque anni raggiungendo più di un miliardo di tonnellate, pari al 27 per cento di tutta la produzione mondiale, e dando una forte spinta alla crescita delle infrastrutture industriali e urbane e alla produzione di automobili. Per fare un paragone, “è come se la crescita economica di Europa, Russia, Nord e Sud America insieme venissero realizzate in pochi decenni”, si legge nel rapporto. Sempre in Cina il consumo di petrolio l’anno scorso è aumentato dell’11 per cento, arrivando a 6,6 milioni di barili al giorno, la crescita più rapida degli ultimi 16 anni. Tutto questo nasconde però delle insidie per la popolazione mondiale e per la salute del pianeta. Se, infatti, a livello globale, la produzione di automobili è cresciuta del 4,5 per cento dal 2004 per un totale di 551 milioni di macchine sulle strade, sono aumentate anche le emissioni e le concentrazioni nell’atmosfera di CO2. Con effetti gravi sulle popolazioni. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono 160 mila le persone che muoiono ogni anno per cause correlate ai cambiamenti climatici. A minacciare l’ambiente non sono solo i grandi paesi in via di sviluppo come Cina e India, ma anche i paesi ricchi con popolazioni ridotte e alti standard di consumo. Sebbene la popolazione degli Stati Uniti aumenta solo di tre milioni all’anno contro i 16 dell’India, gli Usa hanno una maggiore impronta ecologica con più di 15 milioni di tonnellate di petrolio prodotte contro le 4,9 dell’India. Nonostante la forte crescita economica, il tasso di disoccupazione mondiale ha raggiunto il 6,2 per cento, più del 5,6 per cento rispetto al 1993, per un totale di 186 milioni di persone senza lavoro. Inoltre, all’accresciuta produzione di grano e riso nel mondo corrisponde un maggior numero di persone che soffrono la fame. Più della metà dei 6,3 miliardi della popolazione mondiale vive con meno di due dollari al giorno, e il numero di persone che non ha acqua sicura o nutrimento adeguato, né dispone di cure sanitarie di base o servizi sociali necessari per la sopravvivenza, supera il miliardo. Mentre i governi investono sempre di più in spese militari, mette in evidenza il Worldwatch Institute, il numero di persone con Hiv/Aids ha raggiunto quota 78 milioni nel 2004, quasi il doppio rispetto all’anno precedente e gli sforzi per trovare cure adeguare restano adeguati. Questi modelli di consumo estremi non fanno che rafforzare lo scarto, già raddoppiato dal 1960, tra i paesi ricchi e quelli poveri.

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