Sogni tecnologici

Giuseppe O. Longo

Il Simbionte. Prove di umanità futura

Meltemi, 2003

pp. 261, euro 20,50

Sul rapporto tra essere umano e tecnologia si è detto moltissimo, anche se la maggior parte della letteratura esistente spesso tratta del nostro tempo. La prospettiva da cui invece parte l’autore è in un qualche modo ‘storica’: da sempre la nostra specie si ibrida con gli strumenti che costruisce e in questo senso il vecchio Homo sapiens non è che un simbionte “a bassa intensità tecnologica”, un essere che da sempre è la risultante di se stesso e di ciò di cui dispone per (soprav)vivere. L’intensità è andata via via aumentando fino a farlo diventare Homo tecnologicus e ad aprire, oggi, nuovi scenari che hanno bisogno di continua indagine epistemologica: quella stessa tecnologia – vista tradizionalmente come “figlia” della scienza – è tanto manifesta e pervasiva da essere in grado, in certi casi, di invertire il rapporto di parentela. Anzi: mentre la scienza (per come oggi la intendiamo) nasce in tempi relativamente recenti, la tecnologia accompagna l’umano da sempre. Questa la tesi di fondo del volume. Difficile dire che sia l’unica, soprattutto di fronte a speculazioni degne della migliore filosofia (della scienza) per le quali “ci si accorge insomma che la realtà è troppo complessa per sopportare descrizioni semplici: i tentativi di estromettere l’osservatore e di purificare troppo i fenomeni spesso naufragano contro l’insignificanza dei risultati ottenuti” (p. 120). Oppure, a proposito del rapporto che esiste tra tecnologia ed ecologia, il fatto – per certi aspetti evidente, ma mai sottolineato abbastanza – per il quale “la nostra capacità di agire ha superato la nostra capacità di capire” (p. 215), con tutto quel che ne consegue.Il volume si divide in tre grandi capitoli in cui si affrontano, secondo prospettive differenti, i rapporti che l’essere umano ha con se stesso, con il suo corpo, ‘interfaccia’ verso il mondo (Il simbionte del codice); il rapporto, complesso e diversificato, con scienza e tecnologia (e tra scienza e tecnologia – Il simbionte del sapere) e quello più intimo e proiettato verso il futuro (Il simbionte del dolore). In quest’ultima parte Longo non si limita a indicare i pericoli del nostro essere ‘simbionti’, ma suggerisce anche le necessarie/possibili strade da percorrere affinché la tecnologia sia e resti strumento guidato da un’etica che dovrebbe farci esseri umani migliori e che invece, per storture del sistema, ancora troppo spesso ci rende schiavi.Nelle pagine del Simbionte riecheggiano più volte le parole di uno dei protagonisti del dramma R.U.R. di Karel Čapek (opera famosa, messa in scena per la prima volta a Praga nel 1921, in cui compare per la prima volta una parola cara alla (fanta)scienza: robot), che, a seguito della ribellione delle macchine, dice: “volevo che l’umanità intera diventasse l’aristocrazia del mondo, sostentata da milioni di schiavi meccanici. Dovevano essere uomini liberi, senza vincoli, perfetti”. In ideale continuità con questo “sogno tecnologico” non resta che augurarci che, nel nostro essere simbionti, il sogno non rimanga tale.

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