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Un manuale contro le bombe all’iprite

A più di cinquant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, dopo 236 incidenti e cinque vittime, arriva finalmente un manuale ad uso dei pescatori e della gente di mare che insegna a proteggersi dalle bombe chimiche scaricate nel basso Adriatico dopo la fine del conflitto. Migliaia di ordigni che possono impigliarsi nelle reti da pesca e la cui carica è ancora letale. A redigere l’opuscolo Ezio Amato e Luigi Alcaro, ricercatori dell’Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare, che hanno anche presentato due progetti per la bonifica definitiva dei fondali

Diminuisce l’agente che rigenera l’aria

E’ cambiato il mix di agenti inquinanti prodotti dalle nazioni industrializzate e questo ha portato a sua volta al crollo dei valori del radicale...

L’eredità dell’Agente Orange

Potrebbe esistere un legame tra il napalm, il potente erbicida utilizzato nella guerra del Vietnam, e una forma di leucemia riscontrata nei figli dei...

Acido solforico a largo della Bretagna

Ennesimo naufragio di una nave cisterna al largo della Bretagna. Balu, questo il nome dell’imbarcazione colata a picco davanti al golfo di Guascogna, batteva...

Ecco la lista della vergogna

Allarme ambiente nell’Unione europea. Molti Paesi membri riversano acque di scarico non trattate nei loro fiumi, violando le norme stabilite circa 10 anni fa....

Il girasole succhia-piombo

Ripulire i terreni inquinati dai metalli pesanti facendoli assorbire dalle piante. E’ la tecnica della “fitoremediation”, un sistema di bonifica più economico, ecocompatibile e sicuro dei tradizionali metodi di trattamento chimico. Così nei prossimi anni i giardini contaminati dal piombo di un’area residenziale di Chicago saranno ripuliti dai girasoli, mentre in Italia alcuni progetti pilota utilizzeranno senape e colza. Galileo ne ha parlato con Giuseppe Zorbi coordinatore di uno dei programmi italiani

Cura del ferro per l’effetto serra

Robuste iniezioni di ferro per “fertilizzare” i microrganismi oceanici, stimolare la loro attività di fotosintesi e far sì che assorbano più anidride carbonica dall’atmosfera riducendo così l’effetto serra. E’ l’affascinante ipotesi da cui è partito l’esperimento Soiree di un’équipe internazionale di studiosi, i cui risultati vengono ora pubblicati su Nature: nove tonnellate di sale ferroso sono state disciolte in un’area di 50 chilometri quadrati dell’Oceano Antartico, ed è stato verificato che già dopo 24 ore l’attività di fotosintesi del fitoplancton aumentava. Ma attenzione: prima di impiegare la tecnica su vasta scala, bisogna valutarne attentamente le conseguenze a lungo termine

Aspettando l’auto a idrogeno

Il caro-petrolio ha spinto le case automobilistiche a cercare una valida alternativa al combustibile classico. E la strada, quella che porta all’idrogeno, appare ormai decisa. Anche se si tratta di costruire colossali infrastrutture praticamente da zero. Ma da questa impresa c’è tutto da guadagnare, soprattutto a livello ambientale. L’idrogeno, infatti, non ha problemi di approvvigionamento ed è pulito, visto che il prodotto della sua combustione è semplicissima acqua. Ecco a che punto sono le grandi case costruttrici di automobili nella corsa all’idrogeno. Con la Bmw in pole position

Acqua all’arsenico in Bangladesh

Gli scienziati dell’Organizzazione mondiale della sanità l’hanno definito “il più grande avvelenamento di una popolazione nella storia”: secondo le loro stime, sarebbero tra 35...

L’Agente Orange continua a far danni

Il napalm irrorato dagli americani durante la guerra del Vietnam continua a mietere vittime. Lo dichiara Arnold Schecter, professore di scienze ambientali presso l’Università...

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