Nell’Africa orientale, la maggiore incidenza della malaria sarebbe legata al riscaldamento globale degli ultimi decenni. E’ quanto conclude un gruppo di ricercatori della John Hopkins Bloomberg School of Public Health, del Tyndall Centre for Climate Change Research della University of East Anglia e dell’Earth Institute della Columbia University e di altre istituzioni. La ricerca smentisce una precedente analisi (‘Climate change and resurgence of malaria in the East African highlands’) pubblicata su Nature che non aveva riscontrato nessuna variazione climatica significativa nel lungo periodo in grado di dar conto della diffusione di questa malattia parassitaria. Sulle pagine del numero di dicembre di Nature, invece, Jonathan Patz, che ha coordinato il team di ricercatori, spiega che “i dati sulle variazioni meteorologiche nell’Africa orientale non sono omogenei e il database sul clima usato in passato era stato creato per un’analisi su vasta scala. Con questo sistema però può essere fuorviante studiare la diffusione della malattia a livello locale”. Quell’approccio aveva ignorato le variazioni di temperatura a livello locale, un dato essenziale in un’area che soffre di notevoli contrasti di altitudine. La malaria poi è particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici. Così con un metodo più attento alle microvariazioni, la nuova analisi ha scoperto una tendenza al riscaldamento significativa, di 0,15 gradi Celsius ogni dieci anni dal 1970 al 1998 lungo la stessa regione dell’Africa orientale. (p.c.)
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