Un appello per il suolo

Nel mondo, la dotazione di suolo pro capite – negli ultimi dieci anni – è diminuita in maniera sensibile e allarmante, passando da 0,30 ettari a 0,25. E secondo le previsioni, entro i prossimi cinquant’anni la disponibilità di suolo scenderà ancora, fino ad arrivare a 0,15 ettari pro capite. “L’uso di potenti mezzi meccanici, il massiccio impiego di concimi minerali, il ricorso sempre più generalizzato all’uso di pesticidi, anticrittogamici, fertilizzanti ad alta acidità equivalente e di altri prodotti chimici, assieme all’esercizio irriguo”, ha spiegato Giovanni Fierotti, direttore della International School of Higher Agronomic Studies di Erice, davanti a 150 scienziati riuniti al Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana”, “se da un lato ha consentito di migliorare quantitativamente e qualitativamente tutte le produzioni agricole, dall’altro lato ha sconvolto alcuni assetti naturali del suolo, quali i regimi idrici e termici, la distribuzione lungo tutti gli orizzonti di sali e di prodotti tossici”.

Per gli scienziati il livello di degradazione dei suoli ha già raggiunto, in alcune parti del mondo, limiti che non devono assolutamente essere superati. L’attenzione maggiore è concentrata sull’Africa centrale, l’Asia, il Sud America e su Italia (Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia), Grecia, Turchia e Spagna. Per l’Europa, precisa Fierotti, “quando parliamo di desertificazione, non ci riferiamo al deserto che avanza, bensì a una crescente incapacità del suolo di produrre”. “L’erosione rappresenta il fenomeno più grave di degradazione dei suoli ed è il più diffuso nel mondo”, gli ha fatto eco Angelo Aru, del dipartimento Scienze della Terra dell’Università di Cagliari. “Nel Mediterraneo, soprattutto nelle aree più aride, è stato rilevata la crescita del periodo arido negli ultimi anni e la frequenza di eventi caratterizzati da precipitazioni intense in poche ore. L’effetto sull’erosione di tali piogge e’ più evidente laddove il territorio e’ più devastato dall’azione antropica”. E tale azione è ancora più catastrofica nelle aree incendiate, dove esiste il sovrapascolamento con forte compattazione del suolo, dove l’ecosistema sia stato modificato con l’introduzione di specie esotiche e dove più evidenti sono gli inquinamenti da metalli pesanti.

Insomma per lungo tempo la salute del suolo è stata ampiamente sottovalutata, nonostante le implicazioni che può avere sull’intero ecosistema. “Il suolo gioca un ruolo essenziale nel tamponare o nel rendere ancora più critico l’accumularsi nell’atmosfera di alcuni gas responsabili del cosiddetto effetto serra”, ha spiegato Paolo Nannipieri, del consiglio direttivo della Società Italiana Scienza del Suolo (Siss). Per scongiurare il superamento di un livello di degrado tale che il danno diventi poi irreversibile, gli scienziati riuniti a Erice, hanno sottoscritto una mozione, inviata ai Governi di tutto il mondo, “perché venga acquisita da tutti una “coscienza del suolo” in grado di fermare, o almeno rallentare, i fenomeni sempre più incombenti di degradazione e desertificazione”. In particolare gli scienziati “impegnano i Governi a mantenere e ricostituire la diversità degli ecosistemi e quella del suolo che condizionano tutto il sistema vivente; a favorire politiche territoriali e in particolare agro-forestali dirette a sviluppare gli effetti di immagazzinamento del suolo che da soli, in molti casi, possono contrastare le emissioni derivanti dalla combustione dei fossili e quindi l’effetto serra; a favorire la chiusura dei cicli degli elementi nutritivi del suolo e quindi a riutilizzare tutti i rifiuti in modo naturale evitando, nei limiti del possibile, le collocazioni improprie quali per esempio possono essere le discariche e l’incenerimento; a tenere nel dovuto conto che la qualità del suolo condiziona quella dell’aria, delle acque e della vita dell’uomo”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here